Storie di Allenatori: da Marino a Giampaolo

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Storie di squadre, storie di allenatori. Storie incrociate, storie che si incontrano, poi si dividono. C’è chi fa bene, chi no. C’è chi resta nei cuori della gente, chi no. C’è chi se ne va da vincente e chi, invece, sceglie male il proprio futuro. E il Catania di cambi in panchina in serie A ne ha visti parecchi.

Se da un lato la società ha dimostrato di essere solida, la conduzione tecnica ha più volte cambiato direzione, nonostante spesso lo staff sia rimasto quasi invariato. Cambi di allenatori mai, fatta eccezione in due casi, voluti dalla società.

Si inizia dalla stagione 2006/2007, primo anno in massima serie del Catania dell’era Pulvirenti. Alla guida tecnica resta Pasquale Marino, allenatore alla prima esperienza in serie A. E’ la stagione di un girone di andata straordinario che vede i rossazzurri a ridosso della zona Europa. È la stagione più tragica per la storia del Catania: la morte di Raciti il 2 febbraio; la seguente critica, spesso esagerata nel generalizzare, dei media sulla città; le partite a porte chiuse. Insomma il “grande calcio” sembra voler andar via prima ancora di poterlo gustare appieno, ma solo un colpo di coda in quel di Bologna all’ultima giornata, dopo un girone di ritorno disastroso, permette a Marino di mantenere la Serie A.

Modulo offensivo quello di Marino, spesso criticato per la quantità industriale di goal presi (saranno 68 a fine stagione, ndr). Un calcio però spettacolare che porta sia rimonte eccezionali che sconfitte a risultato già apparentemente acquisito. Mascara e Pantanelli i giocatori più rappresentativi di quell’anno, già simboli della promozione in A, diventati idoli tra la gente; anche se i più determinanti si riveleranno essere Lucenti ed i due panchinari Minelli e Rossini.

L’Udinese chiama, Marino risponde. Va via da Catania, facendolo da signore dopo una stagione comunque complicata. Al suo posto arriva Silvio Baldini, tutt’altro stile di gioco, tutt’altro stile di persona. Simpatico, a volte comico, esuberante, forse troppo, l’opposto del suo predecessore.

Con lui il Catania parte bene nonostante la figuraccia che Baldini rimedia a Parma, quando con un calcio nel sedere al collega Di Carlo becca critiche e squalifica. Ma il girone di ritorno è ancora disastroso, fino a far intravedere possibilità di retrocessione. Ancora una volta il Catania è chiamato al miracolo e, per farlo, scommette: via Baldini, arriva Walter Zenga, un idolo sì ma come portiere, senza esperienza in Italia come allenatore. In sette giornate riesce l’impresa, a 5’ dal termine del Campionato la rete di Martinez contro la Roma vale la salvezza: i rossazzurri guadagnano il terzo anno di serie A.

Sulla conferma di Walter Zenga alla guida tecnica non ci sono dubbi e per il Catania è un anno di assoluta tranquillità, ottenendo la salvezza con largo anticipo. Per la società di Pulvirenti è un anno importante: arrivano le prime convocazioni della storia in nazionale per giocatori del Catania. Mascara gioca, Biagianti usa l’esperienza per crescere, convinti tutti che possa essere uno dei punti di forza nel futuro per la nazionale.

Zenga annuncia che andrà via, rassicurando di non avere però nessun contatto con altre squadre. Poco dopo arriva l’annuncio che sarà l’allenatore del Palermo. È un affronto che i tifosi non reggono, ringraziandolo per quanto fatto ma etichettandolo come “traditore”, dinanzi anche alle pretese di voler vincere tutto, anche lo scudetto.

E si arriva così all’ultima stagione, quella appena conclusa: il Catania punta ancora sui giovani, chiamando a sé Gianluca Atzori, emergendo ma con un passato in terra sicula come secondo di Baldini.

La sua esperienza a Catania non è positiva, nonostante la stoffa ci sia: la squadra sembra giocare bene ma a non esserci sono convinzione e motivazione: Una sola soddisfazione, quella di far esonerare Zenga nell’1-1 a Palermo. Quindici partite, una sola vittoria e sei pareggi: poco, troppo poco. È necessaria la svolta: via Atzori, arriva Sinisa Mihajlovic che, scommessa anch’egli, si mostra subito determinato e sicuro delle capacità dei suoi ragazzi nonostante gravitino all’ultimo posto in classifica. E’ l’anno delle imprese, è l’anno in cui il Catania riesce a vincere contro Inter, Juventus, Fiorentina e pareggiare in casa del Milan. Trentasei punti in ventitre partite, media da Europa. I tifosi sperano, ma Sinisa va via ringraziando tutti ma puntando in alto: il posto libero lasciato da Prandelli alla Fiorentina è irrinunciabile, da cogliere al volo.

Lo Monaco individua così in Marco Giampaolo il sostituto: uno che, stando alle dichiarazioni, non ha come obiettivo quello di grossi club ma di crescere insieme alla squadra. La dirigenza pensa di aver trovato nel tecnico di Bellinzona “L’uomo giusto per il Catania”, l’allenatore che potrà aprire un ciclo tecnico lungo, non più limitato all’obiettivo stagionale ma ad uno a lunga scadenza: l’Europa.

Giusto mix tra esperienza sul campo e voglia di dimostrare il proprio valore, Giampaolo è senza ombra di dubbio uno dei tecnici tatticamente meglio preparati disponibili su piazza, ed abbina a ciò una prerogativa indispensabile per i tecnici che si son seduti sulla panchina etnea: il carisma, la vera arma in più che ha permesso a Zenga come a Mihajlovic di cavar fuori dal gruppo qualcosa che andasse probabilmente ben oltre la semplice somma della capacità individuali.

Se sarà o meno l’uomo giusto solo Il tempo si spera ne darà la certezza, quel che tutti si auspicano è però che la speranza della società corrisponda a realtà, per lanciare un ciclo lungo di soddisfazioni e successi.

[Fabio Alibrio – Fonte: www.mondocatania.com]