Zenit-Milan 2-3: l’analisi tattica della partita

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Vittoria importantissima quella centrata dai rossoneri in terra russa: fondamentale sia per la classifica [era la partita sulla carta più difficile dell’intero girone] che per il morale della squadra, che ora forse ritroverà un po’ di fiducia nei propri mezzi. Attenzione però a pensare che la bufera sia passata: i rossoneri hanno disputato una gara cinica e a tratti hanno messo in mostra un buon calcio, ma gli aspetti negativi ci sono e sono ancora moltissimi.

LA PARTITA

I rossoneri iniziano benissimo la partita: scesi in campo con il giusto approccio mentale infatti, e favoriti dallo schema scelto da Spalletti, il Milan riesce ad attaccare l’avversario come si era preparato a fare; per vie laterali, sfruttando la velocità di El Sharaawy ed Emanuelson, che per un quarto d’ora non sono marcati a dovere e riescono quindi a fare quello che vogliono. Come successe a Udine, dove si vide una partenza simile alla quale Guidolin rimediò cambiando il modulo e spegnendo il gioco rossonero. Anche Spalletti, che dal punto di vista tattico non ha nulla da invidiare al tecnico dell’Udinese, si accorge dell’errore commesso e rimedia in fretta cambiando l’assetto del suo Zenit in un 4-4-2; la differenza? Mentre contro la squadra friulana i rossoneri non erano riusciti a sbloccare il risultato, in questa occasione il Milan riesce a perforare lo Zenit per ben due volte: una su punizione, con deviazione fortunosa, ad opera di Emanuelson, e l’altra con un capolavoro di El Sharaawy. A dire la verità i gol avrebbero potuto essere anche di più, ma Bojan si avventura in un difficile dribbling invece di servire lo smarcato Emanuelson al centro e così manda all’aria l’occasione del 3 a 0.

A questo punto Spalletti passa al 4-4-2 per contenere gli esterni offensivi rossoneri e la partita cambia improvvisamente: da qui parte il Blackout rossonero, a dimostrazione che i problemi per la squadra di Allegri sono tutt’altro che passati. Basta questo piccolo accorgimento per togliere tutte le idee ai rossoneri che tornano ad essere una squadra prevedibile e incapace di trovare soluzioni alternative o spunti personali, essendo la rosa rossonera priva di individualità importanti. Di contro lo Zenit smaltisce la botta psicologica e capisce che è il momento di affondare il colpo. Per fortuna dei rossoneri ci sono un super Abbiati da una parte [ma che uscita imbarazzante sul secondo gol della squadra di San Pietroburgo!] e un Hulk ancora troppo individualista dall’altra a complicare i piani di rimonta dello Zenit, che colleziona una miriade di occasioni che si traducono però in due soli gol, principalmente per le motivazioni appena esposte.

Allegri allora inserisce Pazzini per Bojan, nella speranza che l’italiano riesca a tenere maggiormente palla in avanti e che così la squadra possa respirare un po’: la mossa si rivela azzeccata, perchè su un movimento dell’attaccante, Hubocan va in confusione e nel tentativo di anticiparlo insacca nella propria rete. A questo punto il tecnico rossonero decide di togliere Boateng e inserire Yepes per difendere il preziosissimo risultato. I rossoneri riescono così a portare a casa un sudatissimo 3 a 2 che vale oro per classifica e morale; ma attenzione perchè la partita fotografa esattamente i limiti di questa squadra: senza individualità importanti come Pato e Robinho e una volta bloccato l’estro degli esterni, i rossoneri risultano ancora una squadra troppo prevedibile e poco pericolosa in avanti, peraltro con una difesa tutt’altro che imperforabile: c’è ancora tanto da fare in vista derby.

[Alessandro Alampi – Fonte: www.ilveromilanista.it]