Bologna, il punto: da migliorare il reparto difensivo

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Là davanti, Sant’Alino e San Violino aiutano. Se anche il meccanismo del gol non è ancora ben oliato, un Diamanti o un Gilardino in palla qualcosa di buono combinano sempre. Il problema del Bologna, per ora senza soluzione, è la difesa. E per Pioli non averne una fra le migliori della serie A è una novità che gli toglie il sonno. L’anno scorso ereditò una linea a quattro orfana di Viviano e Britos e la trasformò in un fortino da far invidia al generale Custer. Quest’anno, la gira e la rigira senza trovare il bandolo della matassa.

L’ha schierata spesso a tre e sempre ha perso. Quattro su quattro: contro Chievo, Milan, Siena e Fiorentina. Era lecito, quindi, chiedergli se avesse deciso di tornare a difendere con quattro uomini. Ha risposto di no, che questo Bologna non ha gli esterni giusti per farlo. Corto circuito abbastanza clamoroso. Se a tre perdi sempre e a quattro non puoi metterti, diventa dura trovare una via di uscita. A maggior ragione se Portanova si prende lo sconto meno robusto di quanto logica e diritto lasciassero supporre; se l’altro esperto, Natali, ha avuto giusto il tempo per rigiocare ancora una volta nella sua Firenze prima di alzare la bandiera bianca della stagione finita; se Antonsson, che fino a un anno fa doveva crescere ancora per adattarsi al meglio al nostro campionato e oggi è costretto, suo malgrado, a guidare la difesa senza conoscere il linguaggio e i movimenti del leader. Lui sarebbe quello che deve aiutare a crescere Cherubin e De Carvalho. Ma non è ben chiaro chi aiuti lo stesso Antonsson a studiare una parte che non è mai stata la sua.  A questo si aggiunge un portiere, Agliardi, che non va mai in soccorso dei colleghi di reparto, anzi necessità lui per primo di particolare protezione.

A peggiorare uilteriormente il quadro della situazione, c’è il precedente della passata stagione, quando Pioli risolse il problema del gol subìto sistematicamente, arretrando Perez e Muydingayi a ridosso della difesa e appaiandoli l’uno all’altro. I due Marcantoni alzarono la diga e come d’incanto l’acqua smise di allagare la valle rossoblù. Fino a fine stagione vissero tutti felici e contenti. Oggi che la difesa imbarca nuovamente troppa acqua, non ci sono i due centrocampisti che contribuirono a risolvere il problema, l’uno ceduto all’Inter e l’altro (Perez) infortunato. E non c’è neppure quel Ramirez che era capace di arretrare abbastanza per prendere palla e riportarla nella metà campo d’attacco. Per questo Pioli non può concedere il bis con interpreti differenti: potrebbe dire a Pazienza e a Taider o Guarente di stare a ridosso dei difensori, ma poi a chi darebbe l’incarico di prendere palla e risalire la china come il più tenace dei salmoni? Uno con la stessa falcata di Gaston il Bologna non lo ha e non è un caso che abbia ripensato al brasiliano Elkeson per il mercato di gennaio.

Di incoraggiante c’è che, dietro le quinte, premono due giovani, promettenti e aitanti difensori che corrispondono ai nomi di Sorensen e di Radakovic: sangue freddo, stazza da super eroi e caratteri che non si fanno impressionare. Pioli li sperimenta durante la settimana in allenamento senza, però, vedere una crescita sufficiente a spingerlo verso la loro promozione immediata. Sembra una regola non scritta: tutti gli allenatori che hanno come obiettivo la salvezza tendono, prima di aver messo in banca i quaranta punti, a preferire l’usato sicuro alla sperimentazione. Quindi, avanti con la difesa a tre e avanti con De Carvalho, Antonsson e Cherubin. Non è gran che il terzetto, non garantisce lo zero a zero, ma è ciò che passa il convento. In attesa che Sorensen e Radakovic diventino grandi. Peccato che l’ormone della crescita mentale e tattica non lo abbia ancora inventato nessuno.

[Sabrina Orlandi – Fonte: www.zerocinquantuno.it]