Bologna, il punto: fino a dove arrivano le responsabilità di Pioli?

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logo-bolognaPioli potrebbe pagare con l’esonero il prezzo alla speranza che il Bologna sia meglio di così. Pioli potrebbe essere sacrificato sull’altare di un tentativo e non su quello della logica o della professionalità. Se e quando la squadra perderà un’altra partita, non rimarrà altro da fare che sperare nel nuovo allenatore. L’impressione è che ci vorrebbe Harry Potter con la sua bacchetta magica, capace di trasformare l’Armata Brancaleone in un gruppo solido, pronto a mettersi in marcia per la salvezza.

Quali considerazioni detteranno l’avvicendamento? Una sola. Questa: <Io speriamo che me la cavo>. Chissà che cambiando direttore, l’orchestra non diventi all’improvviso intonata. Chissà che i difensori smettano di prendere gol, che i centrocampisti facciano un po’ di filtro e riescano a impostare le azioni e che gli attaccanti si mettano a segnare.

In poche parole: speriamo che cambiando l’allenatore il Bologna diventi la squadra che non è. Su quali solide basi poggia la speranza? Nessuna. É una regola: il tentativo si fa sempre, prima di rassegnarsi alla retrocessione. La panchina salta e la coscienza sopporta un peso più leggero. Potranno dire: almeno ci abbiamo provato.

L’allenatore si cambia se in estate ha detto ai suoi dirigenti che cosa intendeva fare e con quali uomini e ha trovato nella società una sponda solida. Le cose vanno male? Via. La società in qualche modo è stata tradita, vede svanire un obiettivo e un progetto e si rivolge a un altro autore. Questo succede laddove impera la logica.

A Bologna nulla di tutto questo è successo. Non c’era un disegno tattico, non c’era una strada da imboccare. L’allenatore non era attivo ma passivo: prenditi ‘sti trenta giocatori e vedi se riesci ad assemblare una squadra da salvezza. Anzi, prendi quello che rimane in coda al gioco senza logica delle cessioni e degli acquisti.

Pioli non è esente da colpe. In coda a un mercato pasticciato e privo di strategia avrebbe dovuto suonare l’allarme. Da allenatore di notevole esperienza avrebbe dovuto essere il primo a dire che aveva per le mani un Bologna da retrocessione. Per prima cosa avrebbe dovuto bussare alla porta della presidenza per avvertire Guaraldi che la squadra avrebbe stentato. Poi, nel caso in cui Guaraldi avesse allargato le braccia dicendo ‘non so che cosa farci’, avrebbe dovuto rendere pubbliche le sue perplessità.

Pioli era e avrebbe dovuto essere ancora il garante dei bolognesi presso la società. Lo è stato per due stagioni poi o ha commesso un errore di valutazione o è stato aziendalista nell’azienda sbagliata, fatto sta che anche a fine agosto ha continuato a dire che il Bologna era una squadra da centro classifica.

Non si sa se lui per primo ha messo fuori strada i dirigenti. Di certo ha messo fuori strada il pubblico del Bologna. E questo è abbastanza per giustificare il massimo della pena. Dopo due campionati, uno terminato a quota 51 e uno a quota 44 e dopo due stagioni di partenze da brivido, era logico chiedere al Bologna un saltino di qualità. Ma se vuoi costruire una casa (o un centro sportivo) e le fondamenta non sono una colata di cemento ma l’arte di arrangiarsi, il capo cantiere non deve e non può far finta di niente e continuare a dire che presto sorgerà un’abitazione modello.

Non lo può e non lo deve fare neppure se il suo stipendio è tanto buono da indurlo alla riconoscenza eterna verso chi glielo versa. Se invece Pioli credeva davvero che il Bologna gli avesse messo a disposizione buon materiale, allora il suo errore di valutazione è così clamorosamente sbagliato da giustificare il suo esonero.

La verità, come spesso succede, anche in questo caso probabilmente sta nel mezzo. Pioli era ben consapevole che la squadra non fosse quella che induce alla promesse, ma deve aver pensato che in un modo o nell’altro sarebbe riuscito a renderla attendibile ed efficace abbastanza per vivere un gradino sopra la soglia della disperazione. Questo ragionamento lo ha indotto a non puntare i piedi, a non dichiararsi pessimista né in privato né in pubblico. Il dubbio esiste: non lo ha fatto perché si considerava lui il valore aggiunto o perché ha sbagliato la valutazione degli uomini che aveva a disposizione? Il fatto che Guaraldi, dopo la figuraccia di Firenze (che non è la prima ma l’ennesima) non lo abbia esonerato, fa pensare che in privato Pioli gli avesse prospettato un quadro differente, più cupo, di quanto non abbia fatto in pubblico.

Se andrà male anche con il Genoa (una sconfitta o un pareggio scialbo), il Bologna cambierà allenatore e lascerà al nuovo i giorni della sosta per approfondire la conoscenza. Ma al di là di quello che Pioli poteva dire e non ha detto o che ha detto soltanto in privato, rimane che la squadra, così com’è adesso, avrebbe bisogno di essere rivoltata e rinforzata.

[Sabrina Orlandi – Fonte: www.zerocinquantuno.it]