Catania: e la chiamavano “smobilitazione” …

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Ricordate? Riuscite a tornare con la memoria alle chiacchiere di Maggio? Si parlava di figliocci e figliastri, di transfughi verso Genoa ed altri verso Firenze. L’emorragia inevitabile dopo un trapianto, un doppio trapianto, tecnico e societario. Dai giornali ai bar, di tale tesi, ventilata grazie anche ai caldi venti estivi, fatti di poche notizie e tante suggestioni, tanto insistentemente si iniziò a parlare d’un Catania “in smobilitazione” che, per non renderlo il tormentone nell’estate 2012 il presidente Pulvirenti stesso si costrinse ad intervenire su di un’informazione priva di fondamento, per metter paletti di sostegno alle mura dentro cui, la società, lontano da occhi indiscreti si restaurava, non smobilitava, rassicurando che, i giocatori andati via per passar altrove l’estate avrebbero rivestito il rossazzurro anche il successivo inverno.

Eppure la diffidenza del “se non vedo non credo” ha dovuto attende il primo settembre per vedere con i propri occhi e finalmente credere che il nuovo progetto Catania uscisse rafforzato e non indebolito dall’opera finanziata dal presidente e messa in cantiere dal nuovo addì. Un’opera che ai giocatori era evidentemente stata mostrata in anteprima e che adesso, con la loro profonda convinzione e partecipazione al nuovo progetto, li vedeva rappresentanti d’una fiducia che non aveva più alcuna ragione d’esser messa in dubbio in alcun luogo, in alcuna sede. Ad uno ad uno tutti i promessi partenti, tutti i pezzi appetiti dal mercato hanno rinnovato trovando, evidentemente, maggiormente degno di fiducia e credito il progetto Catania piuttosto che un altro, dal marchio più blasonato e le promesse, economiche, più munifiche ed allettanti.

Non di solo pane vive l’uomo, non di solo business vive il calcio, almeno non a Catania, non più. Ed è stata proprio la scelta di coniugare business e divertimento con la meritocrazia l’arma di “convinzione” di massa. Un nuovo modo di ragionare ed operare, in linea con i principi cardine che dovrebbero regolare qualsiasi società, civile e sportiva, e la cui mancanza può certamente essere ascritta tra le ragioni della crisi, tanto del mondo civile, strozzato da fannulloni se non incapaci remunerati dallo stato, che delle società sportive, impiccatesi investendo più sui giocatori che sulle loro effettive prestazioni, ferme ai canoni d’un calcio che, cambiando le cifre in ballo, ha cambiato anche il ritmo della danza, troppo frenetico per esser sostenuto senza “doping”, quello che adesso c’è chi cerca in India, chi in Cina, chi in Russia, chi in Arabia.

Contratti moderni. Non muta la quota fissa, s’innalza quella variabile, ponderata su presenze, goal, assist. Il primo e più atteso rinnovo è quello di Pablo Barrientos, a lungo corteggiato da più campanili che dichiarerà: “Se sono rimasto a Catania è anche perché nessuna squadra ha dimostrato nei miei confronti la considerazione che ho riscontrato qui“. A seguire fu la volta di Alejandro Gomez, che nel declinare la corte della Fiorentina chiarì: “Ringrazio Montella per l’interessamento ma il mio futuro è a Catania dove sto benissimo e dove presto nascerà il mio primogenito”. Ma il progetto societario va ben oltre la necessità del vincolo, è programmazione che si propone di imporre un nuovo modo di ragionare all’interno del proprio spogliatoio, per questo vengono presi in considerazione anche i contratti di giocatori tutt’altro che in scadenza.

La meritocrazia vale, e vale per tutti. Soprattutto in una squadra dove “uno per tutti e tutti per uno”. Sul tavolo allora, anche altre proposte di rinnovo, anche di giocatori il cui vincolo era ed è a lunga scadenza. Il caso di Francesco Lodi era uno di questi. Legato al Catania fino al 2015 già, ma da un vincolo obsoleto sentito come laccio e non come sprone. Ebbene anche lui, dopo tanto voler trattare, si è convinto nelle cifre di quel che già era convinto nelle parole: mettersi in gioco, valere lo stipendio guadagnato, vincolare il propri successi a quelli del club, proporzionare la propria remunerazione economica e morale a quella della società: “Questi colori mi hanno dato tanto e mi auguro di ripagarne la fiducia” messaggio breve e chiaro di chi ha scelto di sposare un progetto moderno, che premia quel che si farà nel futuro già presente anziché quanto già fatto nel passato.

Un modo per migliorarsi, per spronare i giocatori ad esser più forti che mai e render così il Catania di oggi e di domani il Catania più forte di sempre.

E la chiamavano “smobilitazione”.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]