Catania: ritorna Antenucci, bassa offerta del Toro

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CATANIA Qualcuno di voi ha mai sentito di un lavavetri che abbia pagato il conducente d’una vettura pur di nettare il parabrezza da moscerini, impronte d’acqua e quant’altro? Presuppongo di no. Forse qualcuno di voi sa di un meccanico che, a riparazione effettuata, concorda col proprietario del veicolo quanto lui, meccanico, debba a lui, proprietario, per il lavoro effettuato? Negativo, spero. Fosse accaduto davvero, sarebbe finito sui giornali, e siccome nulla si è letto in merito, nulla del genere è immaginabile sia potuto accadere. Storie non vere, e neanche verosimili.

L’ultima: qualcuno di voi ha mai sentito di un presidente di pallone che compra un attaccante, lo tiene due anni con sé, lo mette nelle condizioni di giocare 60 partite, divenire titolare mettendo a sedere un bomber pagato 1.5mln a stagione, segnare 16 reti, elevarsi capo cannoniere della squadra, protagonista assoluto di una promozione in A, beniamino dei tifosi.. per poi restituirlo alla società dalla quale l’aveva prelevato “pagandole” 300 mila euro?

No? Sbagliato! E se non ci credete (e non vorrete credere a quanto segue), potrete sempre rivolgervi al vostro edicolante di fiducia giacché, come ipotizzabile per l’incedibile storia del meccanico, l’incredibile storia di Mirco Antenucci non poteva non finire sui giornali, alla pagina sport, anche se avrebbe meritato uno spazio in “storie realmente accadute” oppure nella rubrica “casi umani (meno umani”, o meglio ancora nell’inserto economico “finanza creativa” naturalmente sempre e solo quando il giornale in questione non disponesse d’una facciata dedicata a cruciverba, rompicapi e barzellette).

L’attaccante che “amava il cielo grigio di Torino”, che a suon di goal aveva cominciato ad amare anche la maglia, la città, la tifoseria, tanto da palesare senza timidezza alcuna la propria ferma intenzione di restare in granata. Un messaggio chiaro, ribadito più e più volte alla città, alla tifoseria, ai compagni, all’allenatore, ai presidenti Cairo e Pulvirenti che, proprio lo scorso inverno, appianavano ogni possibile futura divergenza fissando il prezzo del riscatto ad 1.7 mln di euro, con l’assicurazione che, a queste condizioni, condivise, il Catania avrebbe non si sarebbe in alcun modo opposto al pieno trasferimento del giocatore al Torino: a prescindere che avesse o meno trovato i granata come rivali alla salvezza l’annata successiva, a prescindere che l’attaccante, nel tempo ancora lui concesso, segnasse caterve di goal tanto da far schizzare alle stelle la sua reale quotazione di mercato.

Condizioni, poi realmente verificatesi alla fine del torneo di serie B, che avrebbero legittimato un gioco al rialzo del Catania, sporco ma comprensibile, ma che hanno invece portato il Torino a voler condurre, ed al ribasso, un gioco incomprensibile ed inaccettabile sotto ogni punto di vista: economico, sportivo, logico, finanche morale stante il venire meno ai patti, alla parola data.

Non si rispetta (diverso da “non si trova”) l’accordo, il Torino chiede uno sconto di 500 mila euro, il Catania lo nega, si va alle buste. E qui la beffa, le beffe. La beffa per Antenucci, che il club al quale aveva giurato amore, chiesto e ottenuto rassicurazioni circa il proprio futuro, abbia valutato quanto fatto in maglia granata per due anni meno di quanto fatto altrove, circa la metà, tanto da metter appena 900 mila euro in busta contro gli 1.4 mln pagati a suo tempo per la prima metà. La beffa per il Torino, che il tanto richiesto sconto di 500 mila euro avrebbe anche potuto ottenerlo, e spuntarla per giunta, formulando 1.2 mln come offerta. Doppia beffa per il Toro, che consentendo al Catania di riscattare il giocatore per appena 1.1 mln di euro, è adesso costretto a metter in bilancio una minusvalenza di 300 mila euro.

Ed il Catania? La gestione Gasparin un pezzo di storia l’ha già scritta. Con questa operazione, complice indubbiamente il Torino, il diesse Salerno mette a bilancio la sua prima plusvalenza in rossazzurro e, più in generale crediamo, la prima ottenuta dall’acquisto e non dalla vendita di un giocatore. Insomma, il Catania si ritrova con 300 mila euro in più dentro le proprie casse ed un giocatore che negli ultimi 3 campionati di serie B ha messo a segno 40 reti, circa uno ogni due partite, non esattamente un “crac” ma certo un pezzo da novanta da poter, qualora lo si ritenesse funzionale al progetto, tanto trattenere come alternativa offensiva tanto accontentare cedendolo, con ben più di 2-3 milioni di profitto, in serie B: sommando così talento a talento o plusvalenze a plusvalenze.

Sembra paradossale? Lo è senz’altro. O forse, sotto sotto, c’è un accordo che la stampa e di rimando la gente comune non sa, non può sapere, e magari adesso, anche il presidente del Torino, Cairo, che pare beffato (e con le sue stesse mani) sta facendosi beffe di chi lo crede tale. Sarà, ma quest’ultima pare proprio un’altra di quelle storie a cui è difficile credere..

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]