Inter: a Parma con l’umiltà di una provinciale

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Una premessa doverosa e dirimente: nessuno ha preteso che l’Inter di quest’anno portasse a casa lo scudetto. Un’altra premessa: la squadra sta andando al di la’ delle aspettative stagionali esprimendo un composto di gioco e risultati complessivamente ben piu’ che soddisfacente con tanto di filotto record di vittorie tra le quali derby e trasferta di Torino contro la corazzata espressione della Fiat e quindi costruita coi sussidi -e i sacrifici- di tutti gli italiani. Piaccia o non piaccia-per esempio, a chi scrive non piace affatto- anche coi nostri se lo ricordino i dirigenti bianconeri…

A un mese di distanza dal Natale, l’interista ha gia’ sotto l’albero una buona messe di regali, spesso ben impacchettati – diverse le circostanze in cui l’undici di Stramaccioni ha unito al risultato la prestazione di qualita’- compreso quello della qualificazione europea ottenuto un po’ in supplesse mettendo in campo (in un girone, per carita’, agevole) per lo piu’ formazioni a trazione verde e imbottite di comprimari. C’e’ un pero’. E cioe’, nelle tre settimane che sono seguite al trionfo in terra sabauda, ci siamo un po’ incartati come il giocatore di ramino che rimpasta un po’ troppo le proprie carte senza poi trovare lo scarto per “chiudere”. Un brusco stop a quella sequela di risultati raggiunti e talvolta trovati in una sorta di stato di grazia, uno di quei sortilegi favorevoli che si insinuano moltiplicando gli effetti positivi di una squadra che trova ulteriore fiducia nella fiducia crescente nei propri mezzi, che spinge ogni singolo ad aderire anima e corpo ad un progetto o anche solo ad un sistema di gioco a cui appoggiarsi. Il rimpasto delle carte in mano a Stramaccioni e’ iniziato si a causa degli infortuni concentrati nella terna difensiva, ma si e’ esteriorizzato in scelte tattiche alternative originate dalla necessita’ di lasciare Cambiasso nel ventre del gioco, pagando ancora una volta l’assenza di un leader alternativo all’argentino nella zona di meta’ campo.

E’, il nostro, un  discorso piu’ volte affrontato da queste colonne. In sede di mercato, la scelta della societa’ di puntare su un esterno dal cartellino economicamente impegnativo come Pereira, per poi arrangiarsi, tamponando il buco nella zona nevralgica col prestito di Gargano, nei fatti si e’ rivelata improvvida come previsto da chi scrive. Cosi’ come l’evoluzione dei meccanismi ed i pesi e contrappesi atti a sostenere il tridente offensivo merita una valutazione piutttosto asciutta sul merito e sulla relativa opportunita’, al di la’ della forzata assenza di Cassano lunedi’ sera. L’identita’ su cui la squadra ha fondato la lunga teoria di vittorie, difesa raccolta e ripartenze,deve rimanere  l’idea da cui partire, comunque, e prima di qualsiasi presupposto ideologico  o addirittura edonistico per l’opzione piu’ spettacolare, legata all’utilizzo simultaneo dei tre attaccanti “pesanti”.  I punti lasciati per strada negli ultimi 2 turni sono sotto questo profilo assolutamente paradigmatici e significativi in quanto frutto, inprimo luogo,della quantita’ di acqua imbarcata da una difesa mal protetta, da una squadra presa sul ritmo, sfilacciata nella ricerca della giocata e della trovata risolutivata e padrona del campo solo nelle fasi estreme dell’arrembaggio e della disperazione. Come detto in premessa a Stramaccioni non e’ stato chiesto di vincere il campionato, cosi’ come di imporre il proprio gioco in ogni singola partita, ma di definire un’identita’ certa ed un progetto che cammin facendo ha saputo trovare grazie agli accorgimenti difensivi che conosciamo e sapendo “fare gruppo”.

L’inter dovra’ ripartire con umilta’, stando sul pezzo, sullo studio accurato, maniacale dell’avversario, ritrovando interamente la dimensione della disciplina e del sacrificio, la succitata identita’  gia’ dimostratasi vincente in trasferte come Torino e Verona cosi’ simili a tutta prima all’impegno di Parma. Cercando quello che serve dentro di se’, senza farsi distrarre e depistare dall’armeggio di quella mano oscura che a un certo punto, lei si, si e’ messa in testa che quest’Inter fosse da scudetto. Perche’ indugiare su fattori esterni sfavorevoli significherebbe minare il valore piu’ autentico e prodigo di risultati sinora distillato dal mister, la positivita’ e la certezza che il lavoro se ben svolto deve portare al risultato. Ce la faremo ad essere protagonisti, riannodando il nodo sciolto con l’Atalanta gia’ a Parma, quindi, e dipendera’ anche da come sapremo preservare da eccessivi carichi di fatica i  giocatori determinanti, in primis Diego Milito, dal recupero dei vip acciaccati e dall’implementazione delle potenzialita’ di una rosa nella quale alcuni elementi, il gia’ nominato Pereira su tutti, hanno sicuri margini di miglioramento. Dalla condizione fisica generale, inoltre. E da nient’altro.

[Giorgio Ravaioli – Fonte: www.fcinternews.it]