“L’arte di errare errando”: il Catania del 2011

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CATANIA – Ci sono annate ed annate. C’è un tempo per il bastone e uno per la carota. C’è un tempo in cui è  inutile frustare cavalli morti e uno in cui le carezze fanno danni. Questo assomiglia tanto all’anno del bastone, e non parliamo del calendario cinese. Se da anni attraversiamo fasi delicate delle stagioni in cui è meglio ricordarsi cosa si è fatto di buono piuttosto che dirsi dove si è sbagliato, oggi abbiamo realizzato che al di là dei numeri e dei record abbiamo la maturità per affrontare di petto i limiti o margini di miglioramento che dir si voglia. Ce l’hanno mostrato alcuni dei leader di questa squadra rammaricandosi per un pari in trasferta, con una tiratina d’orecchi dopo le sconfitte interne e con la mentalità vincente che si sa avere un debole per i difetti. Quest’anno si può, quest’anno si deve spingere sulla crescita che non ha altro propulsore se non l’errore.

Errori da commette e da cui imparare, quello che un maestro siciliano chiama “L’arte di errare errando”. L’errore, a volte negato e a volte rinnegato, testimone del coraggio di desiderare. Per chi non ha la fortuna di rivendicarne la paternità è invece solo il pretesto per un sadico pizzico al detentore dell’onore e dell’onere della scelta. Un piccolo semaforo verde per lo sfogo del malcontento. Passato questo però resta il nettare degli errori, l’informazione. Per fortuna il Catania di errori ne ha fatti, è sintomo di vita, e su questi è interessante porre l’attenzione per vedere cosa ha già imparato e cosa imparerà, cosa ha già cambiato e cosa potrebbe cambiare. Ogni scelta ha dietro di se una mole di considerazioni che non è dato sapere a tutti, per cui ci rifaremo ad un livello di conoscenza esplicita, senza creare alibi o colpe col beneficio del dubbio. In questa giostra di bisogni e necessità qualche volta il tifoso è trascinato dall’onda di turno, una volta l’entusiasmo e l’altra il pessimismo. In contro fase invece si raccolgono i frutti migliori, e un “Solone” di questi tempi a Catania ce lo possiamo pure permettere.

Le danze dell’ “Errata corrige”  le ha aperte il calciomercato estivo, più che in controtendenza in rottura proprio col passato, a partire dalla tempistica. La squadra pronta a Maggio è solo un ricordo e allora via di occasioni che offre il mercato, compresi svincolati e calciatori che non rientrano nei progetti delle proprie società (ogni riferimento a Legrottaglie ed Almiron è puramente CAUSALE).

Poi si è rivisitato pure il “concept” della squadra, con l’apertura a quel tasso d’esperienza di cui si era evidentemente sentito il bisogno. Due pedine giuste, al posto giusto, nel momento giusto e il gioco è fatto. È più facile a dirlo che a farlo però e ne sa qualcosa Campedelli che a Cesena ha portato Mutu, Candreva  e compagnia bella ma non esattamente con l’effetto sperato.

Si è cambiato dopo molti tentativi a vuoto il modulo, per necessità e intuizione, passando al 3-5-2. Un controsenso se si pensa che i centrali di ruolo sono 3 in rosa, che i terzini a disposizione non sono prettamente di spinta (fatto salvo il solo Marchese) e che i trequartisti e le ali dovevano essere il valore aggiunto. Si è però palesato un equilibrio importante, con maggiore copertura di un 4-3-3 orfano del mediano schermo, e una migliore qualità del possesso, grazie a Lodi play basso che in una mediana così rimpolpata può correre meno e ragionare di più. Proprio il posto oggi di Lodi era stato immaginato all’inizio per Almiron, altra correzione altra scelta indovinata: il duo così disposto rappresenta oggi una fetta importante delle fortune del Catania.

Si è cambiato in corsa, e qualcos’altro ancora si sarebbe potuto cambiare. Ricordiamo tutti il doppio stop interno in campionato figlio delle difficoltà a sfondare con squadre chiuse. Il 3-5-2 insomma non è modulo da partite interne contro le piccole, o quelle da vincere ad ogni costo, almeno non con gli esterni al momento in squadra. Ecco allora che arriva il derby con il suo 4-3-3 che se non è una prova delle più brillanti dal punto di vista del gioco ( si è risolta di fatto con due calci da fermo) ha per lo meno restituito un Alvarez all’altezza delle sue qualità, un Bellusci più sicuro della posizione, un Gomez più a suo agio da esterno che non spalle alla porta. Una preziosa informazione per le future sfide al Massimino c’è, come e quando verrà sfruttata lo vedremo solo col tempo.

Poi la trasferta di Parma, con il primo tempo steccato dall’undici rossazzurro. Altro intoppo altra informazione. Se per mantenere il modulo bisogna spostare e/o adattare più di un giocatore a ruoli che non gli sono perfettamente congeniali è  meglio allora rivedere il modulo. Le prestazioni altalenanti dipendono più dall’interpretazione che dai moduli, vero. Una squadra che trova il suo equilibrio con uno schieramento non si tocca finché  possibile, verissimo. Applicare un modulo per recuperare una partita o per iniziarla sono due cose estremamente diverse, ineccepibile. Ma se le pedine spostate sono quelle che soffrono più di ogni altra all’interno di una prestazione poco fortunata, si perde il vantaggio di mantenere gli equilibri trovati. A questo punto meglio adattare il modulo ai giocatori. Se non si vogliono togliere sicurezze, alchimie consolidate e automatismi allora non si dovranno spostare i “titolari” dai loro ruoli. Insomma se dovesse di nuovo venir a mancare un centrale (e non ne arrivassero altri dal mercato) converrà sostituirlo con una delle alternative in panchina per quel ruolo, Potenza ad esempio, e non mettere dentro un terzino per spostare Marchese in mezzo. Muovere troppe pedine è un po’ squilibrare, e ridisegnarsi per ridisegnarsi meglio farlo senza vincoli, solo guardando ai giocatori. Un cambio di modulo, un ritorno al 4-3-3, per indisponibilità di qualche giocatore è qualcosa a cui probabilmente assisteremo. Poi magari a Parma siamo scesi in campo in quel modo perché Alvarez dopo a tre giorni dal derby e senza molte partite sulle gambe non era al 100% e Potenza non è ancora in forma,  parliamo sempre con quelle che sono le carte scoperte a noi. Ma di sicuro se c’è una cosa che Montella ha mostrato è la flessibilità, primario strumento per giungere alla meta. Fino ad oggi ha saputo leggere, e confidiamo continui a farlo, le informazioni che solo l’esperienza dell’errore poteva donare.

“Se con la cosa giusta facciamo un punto, con l’errore ne facciamo due”.

[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]