Leonardo come Ranieri, arrivano i portoghesi. Le traiettorie ben diverse fra loro di Carlo Ancelotti e Roberto Mancini

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L’ultima da Appiano è che Leonardo, da quando è arrivato sulla panchina nerazzurra, ha messo insieme una media-punti che, se lui fosse stato il tecnico dell’Inter dall’inizio del campionato, avrebbe portato la sua squadra, oggi, in testa alla classifica. Confesso candidamente di non essere andato a controllare, diamola per buona.

La reazione però, quella sì, ce l’abbiamo. E allora? Nella scorsa stagione Claudio Ranieri ha iniziato ad allenare la Roma alla terza giornata di Campionato e, punti alla mano, se lui avesse guidato i giallorossi dalla prima giornata avrebbe vinto lo Scudetto. Senza dubbi e senza verifiche, perché la Roma le prime due partite dello scorso campionato le aveva perse. Eppure, la cosiddetta armata del triplete con tanto di labaro e con tanto di insegne ufficiali, non si è mai curata molto di questo “piccolo particolare”. Dove voglia andare a parare in ogni caso questa nuova cortina fumogena su Leonardo, è difficile stabilirlo così su due piedi. Se, in maniera fin troppo scontata e prevedibile, è il semplice tentativo di motivare e accreditare la permanenza dell’allenatore brasiliano sulla panchina nerazzurra anche per la prossima stagione, sappiano fin d’ora che non c’è problema. Va benissimo, fa contenti molti tifosi, non solo quelli interisti, ed è comunque sia legittimo.

Ma se è il solito tentativo, cui nel calcio italiano purtroppo non sfugge nessuno, di sminuire la vittoria del titolo da parte di un’altra squadra, non sarebbe corretto e non sarebbe giusto. A meno che non si voglia fare a tutti i costi il confronto Allegri-Leonardo. Bene, facciamolo. Scontro diretto: tre a zero per il toscano. Sconfitte in Campionato dal 6 Gennaio 2011: una per il toscano e quattro per il brasiliano. Punti di distacco accusati dall’Inter rispetto al Milan: il 6 Gennaio l’Inter era a meno tredici con due partite da recuperare, quindi, lo dicevano gli stessi tifosi interisti, virtualmente a meno sette. Oggi, l’Inter è a meno otto, un punto di svantaggio in più rispetto al distacco virtuale lasciato in eredità da Rafa Benitez. L’unico leggero vantaggio del brasiliano è in Champions League dove ha superato un turno, totalizzando tre sconfitte (due con lo Schalke e una con il Bayern) e una vittoria. Per Allegri, invece, un pareggio e una sconfitta. Anche qui bisognerebe andare a vedere bene, ma lasciamo il vantaggio a Leonardo. Piccolo particolare: le media-punti da primato di Leonardo e sfornata da Appiano Gentile, non riguarda la competizione europea ma il Campionato. Quindi…

Onore al Napoli. E’ stata l’unica squadra italiana che ha dato tutto in Europa League. La formazione partenopea ha investito un tesoro di energie e di attenzione su questa competizione europea. Sull’1-0 nella sfida di ritorno al Madrigal, era anche ad un passo dalla qualificazione agli Ottavi. Oggi che il Portogallo sbatte tre squadre in semifinale prenotando due posti per la finalissima di Dublino e che si avvicina a minacciare alla grande anche il quarto posto dell’Italia nel ranking europeo, capiamo bene che la passione e la sportività degli azzurri in Europa League vanno elogiate e incoraggiate. Nella stessa competizione, la Sampdoria ha denotato gli stessi limiti del Campionato per cui va assolutamente assolta. Ma la Juventus dei sei pareggi e il Palermo messo sotto da avversarie abbordabilissime, no. Vanno criticate perché hanno danneggiato sé stesse e il calcio italiano. Oggi il Portogallo, con le sue squadre, i suoi allenatori e i suoi stadi dà di sé, attraverso la cartina di tornasole dell’Europa League, un’immagine vincente. Le portoghesi fanno calcio in ottimi impianti e senza stelle con ingaggi da urlo. Sono agli antipodi rispetto all’Italia e, di questo passo, meriteranno di superarci. Purtroppo la nostra unica reazione sarà quella di godere per l’eliminazione dell’avversario. E’ una malattia, unita a molte altre, dalla quale bisognerà guarire prima o poi. Altro merito del Portogallo e della sua classe politica, è quello di non essersi lasciato sfuggire la grande opportunità degli Europei del 2004. Attraverso la costruzione di stadi moderni, sono aumentati esponenzialmente i ricavi, le risorse e l’entusiasmo. Il contrario, cara vecchia Italia, esattamente e dannatamente il contrario.

“Ho ancora un contratto di un anno con il Chelsea, è ovvio che in una società come questa l’obbiettivo sia vincere e se non ci riesci capita che la società decida di cambiare. Ci siamo dati appuntamento a fine campionato e poi vedremo, il mio desiderio è quello di rimanere, se non si può troveremo altre soluzioni”. Carlo Ancelotti, ha commentato così le voci che lo vorrebbero lontano dal Chelsea nella prossima stagione. Carletto è un maestro del sapersi lasciare senza rancore. Lo ha fatto alla Juventus a contratto rinnovato ancora caldo e fumante, lo può fare ovunque. La sensazione? Carlo Ancelotti, fosse stato per lui, non avrebbe mai lasciato il Milan e ha una voglia quasi disperata di tornare nel calcio italiano. Quest’anno lo storico allenatore rossonero, da due stagioni al Chelsea, ha viaggiato molto fra Londra e l’Italia. Blitz improvvisi, fra un allenamento e l’altro del Chelsea. Lontano da occhi indiscreti. Sempre, spesso, in contatto con i suoi, bravissimi e discreti peraltro, procuratori.

I Blues sono stati una bella occasione per far decantare alcune situazioni e per continuare a rimanere nel giro delle squadre di Club che contano, Ancelotti ha affrontato con stile e buona volontà questo biennio, apprezza molto l’Inghilterra e la sua cultura sportiva, ma non ce la fa sostanzialmente più. Oltretutto, la carica propulsiva della sua parabola a Stamford Bridge sembra essersi davvero esaurita. Ancelotti è arrivato, a Londra, pochi mesi prima rispetto all’approdo del suo amico e collega Roberto Mancini a Manchester. Oggi, le loro due vicende appaiono agli antipodi. Nel pieno della sua traiettoria inglese Mancini, che non andrà alla Juventus e che rimarrà al City per giocarsi appieno le sue chances nella prossima stagione; quasi ai titoli di coda Ancelotti. Cosa possa significare in soldini tutto questo, in vista della prossima stagione, è prematuro da stabilire. Certamente entrambi gli allenatori italiani in Premier League non hanno mai creato tormentoni pittoreschi e volgari, contribuendo bene all’immagine calcistica del nostro Paese. Per cui, prima Ancelotti e poi Mancini, potranno riscuotere. In Italia, in Spagna, nel mondo delle Nazionali. Bravi e complimenti per lo stile, prima che per i risultati.

[Mauro Suma – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]