Pescara: un pizzico in più di orgoglio per onorare il finale di stagione

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Non molti considerano seriamente quanto sia importante l’attaccamento alla maglia. Mi spiego. Molti giocatori sono arrivati in riva all’Adriatico a inizio campionato, pescati un po’ da tutto il mondo. Alcuni hanno piacevolmente sorpreso, piccole stelle senza cielo (o forse sarebbe più opportuno dire senza un disegno di squadra a fare da cornice) che hanno brillato per qualche attimo per iniziative personali. Altri hanno promesso molto per il futuro, ma poco per il presente, o non sono risultati valutabili, altri hanno deluso, altri ancora hanno provocato perfino ilarità tra il pubblico pescarese.

Poi ci sono loro, alcuni ormai veterani, altri non da un paio di anni o più a Pescara. Loro che hanno condiviso quella notte che profumava di serie A, rincorrendosi tra urla e risate, a suon di gavettoni, loro che hanno stretto Zeman in un abbraccio frenetico e hanno interpretato forse una delle più belle stagioni della storia biancazzurra. Molti sono gli assenti. In alcuni casi non si è potuto far proprio nulla per trattenerli, in altri rimane qualche rimpianto. Il più grande si nasconde dietro un numero, il nove. Sansovini, anche solo per la grinta, li avrebbe battuti tutti. L’ultimo a partire è stato Nielsen, in punta di piedi. L’ultimo anche ad abbandonare il terreno di gioco, ogni volta dopo una vittoria, lanciandosi in passeggiate solitarie lungo la pista e stringendo i pugni con la stessa espressione complice di un bambino che è stato appena beccato con le mani nella nutella. Alcuni sono rimasti e forse non è proprio un caso che sabato a segnare in casa della Juventus sia stato proprio uno dei “vecchi”, Cascione – dovrebbe portarla ancora lui la fascia di capitano al braccio.

Un pizzico di orgoglio dopo una partita più combattuta delle altre, ma non esattamente quella di una squadra che ha ormai firmato la sua condanna e non ha più nulla da perdere. Tutto questo per dire che magari l’attaccamento – non dico l’amore, quello è prerogativa esclusiva della tifoseria – per dei colori, quello vero che può maturare solo con il tempo, con la creazione di un gruppo dove vita e sport si intrecciano e si condividono, può a volte dare quel valore aggiunto, quella voglia di lottare unica nel suo genere. Forse tutto questo è venuto a mancare negli ultimi mesi. Forse il vero giocatore non è solo il più bravo da un punto di vista tecnico, ma anche quello che ha il fuoco dentro. Ragion per cui ragazzi come Sansovini o Nielsen avrebbero meritato di indossare ancora la maglia biancazzurra. É questa la riflessione della settimana che voglio proporvi.

[Alessandra Pelliccia – Fonte: www.lavocedeipescaresi.net]