Pogacar e Van der Poel: chi l’uomo copertina del 2023?

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Estremamente difficile eleggere il migliore, vista la formidabile stagione di entrambi. La nostra preferenza va tuttavia allo sloveno, per l’incredibile polivalenza che lo contraddistingue

La stagione del ciclismo professionistico 2023 ha messo sul piedistallo due corridori su tutti: Mathieu Van der Poel e Tadej Pogacar. Su questo gli addetti ai lavori, e gli appassionati, concordano tutti. Non se la prenda a male il vincitore del Tour de France: vincere la prova più importante, più Giro dei Paesi Baschi e del Delfinato, due importanti gare a tappe di una settimana, non può garantire la palma di migliore ciclista dell’anno.

In altre stagioni ciò sarebbe risultato sufficiente, tanto più che il danese vanta anche un secondo posto alla Vuelta Espana. Stagione che definire di altissimo livello è il minimo, risultati che lo pongono indiscutibilmente come il migliore nelle gare a tappe.

Un discorso simmetrico pare giusto farlo per il nipote del mitico Raimond Poulidor, nonché figlio di un signor cacciatore di classiche degli anni ’80, Adri Van der Poel: quando si dice, buon sangue non mente al quadrato, per parte di entrambi i genitori!

Lo straordinario olandese Mathieu Van der Poel aveva, prima di approcciare la stagione su strada, battuto nel mondiale di ciclocross il fortissimo fiammingo Wout Van Aert, il ciclista che più di ogni altro onora i vincitori con i suoi proverbiali secondi posti, in uno sprint a due memorabile, dopo una gara nella quale, di fatto, il resto della concorrenza recitava da comparsa.

Ricordiamo, di seguito, di aver letto sul mensile Bicisport un’intervista a suo papà, il quale gli profetizzava, formidabile cecchino, una stagione nella quale il figlio potesse vincere Milano-Sanremo e Parigi-Roubaix, le due grandi classiche del calendario più adatte alle sue caratteristiche assieme al Fiandre, del quale si poteva invece fare a meno (sic!) avendone egli già vinte due edizioni. E così le cose sono perfettamente andate, con due vittorie in solitaria per di più.

Nella seconda occasione, giusto ricordarlo, la sfortuna gli ha azzoppato, con una foratura sul Carrefour de l’Arbre, il povero Van Aert, aduso anche ai colpi della malasorte, privandoci di un ormai quasi certo finale a due nella pista di Roubaix.

Dopo un Tour corso per mettere a punto la condizione e aiutare il compagno Philipsen a fare incetta di tappe, Mathieu si presentava in forma smagliante al campionato del mondo sulle strade di Glasgow, voglioso anche di cancellare l’orribile ricordo dell’edizione australiana del 2022, sui cui particolari non è il caso qui di tornare.

E in terra scozzese egli ripeteva quanto già fatto sul Poggio di Sanremo, lasciando con fulmineo scatto una compagnia ristrettissima, già selezionata da una corsa folle, in cui militavano signori del calibro di Van Aert (tanto per cambiare) Pogacar (tanto per cambiare, ci torneremo) e l’ex iridato del 2018 Perdersen. Raggiunto anche il traguardo della magli arcobaleno, Van der Poel poteva comprensibilmente tirare i remi in barca negli ultimi mesi della stagione, che non lo hanno infatti più visto protagonista.

A questo punto occorre valutare la stagione di Pogacar, ancora più strabiliante e continuativa nel rendimento. Vinta la Parigi-Nizza, egli si apprestava ad essere protagonista di un’incredibile stagione nelle classiche di primavera: dopo aver fatto quarto a Sanremo, lo sloveno vinceva da fenomeno il Giro delle Fiandre, staccando di ruota nel finale proprio Van de Poel.

Poi annetteva, sorvolandole con agio, due corse di non poco conto quali Freccia Vallone ed Amstel Gold Race, preparandosi ad incrociare le ruote con Evanepoel alla Liegi Bastogne Liegi, in una sfida che prometteva indubbio interesse. Qui però, lo sloveno incappava in una caduta che, causandogli la frattura del polso, finiva col pregiudicarne anche l’avvicinamento al Tour de France dove egli, pur autore della solita prova da grande protagonista, con tre vittorie di tappe fra l’altro, doveva arrendersi alla maggiore brillantezza di Vingegaard.

Qual è la differenza fra i due corridori che si contendono da tre anni la maglia gialla, come fosse solo cosa loro? Che Tadej è capace, per le sue qualità naturali, di essere assoluto protagonista anche sulle strade di un campionato del mondo come quello scozzese, dove erano richieste attitudini da crossisti più che da stradisti, anche in virtù delle avverse condizioni atmosferiche in cui si disputò l’evnto. Una medaglia di bronzo conquistata, per di più, battendo il portentoso velocista Pedersen.

Presosi un giustificatissimo periodo di stacco, ed affrontato un periodo di rodaggio, Pogacar vinceva da fenomeno il suo terzo Giro di Lombardia consecutivo. E’ storia recente.

Riassumendo: Pogacar e Van der Poel hanno vinto due prove monumento a testa (Sanremo e Roubaix all’olandese, Lombardia e Fiandre allo sloveno) vincendo in quelle corse un confronto diretto a testa. L’olandese vinceva la “bella”, che gli valeva il titolo di campione del mondo, ma Pogacar finiva nella “foto ricordo” anche lì, dopo averlo fatto sui Campi Elisi, secondo posto assoluto al Tour de France.

Però Tadej aveva vinto pure altre corse di assoluto spessore come Amstel e Freccia, più la Parigi Nizza, corsa alla quale Mathieu non potrà mai ambire, così come, e tanto più, le gare a tappe di tre settimane. La continuità e la poliedriticità di Tadej Pogacar sono veramente qualcosa di eccezionale, che lo pongono già sulla scia dei grandissimi di ogni tempo. Per questo motivo, ai punti, ci pare giusto considerarlo numero 1 dell’anno.

Proviamo a completare la top five: detto che il terzo posto spetta di diritto a Vingegaard, che senza gli accordi di squadra avrebbe vinto verosimilmente anche la Vuelta, dove ha trionfato il suo fortissimo gregario Kuss, la quarta pizza pare giusto attribuirla all’altro formidabile sloveno. Primoz Roglic, vincitore del Giro d’Italia sul filo di lana, precedendo Thomas, ma anche di vincere Tirreno-Adriatico e Giro di Catalogna, (le sole che gli mancavano, assieme al Giro di Svizzera, fra le corse a tappe più importanti dopo i grandi giri) e di essere protagonista di un ottimo finale di stagione, nel quale ha vinto Giro dell’Emilia e fatto terzo alla Vuelta e al Giro di Lombardia.

Il quinto posto spetta a Remco Evanepoel, autore di una stagione ottima, con le vittorie nella sola prova monumento sfuggita ai due dominatori, la Liegi Bastogne Liegi, e poi della classica di San Sebastian e della maglia iridata di campione del mondo a cronometro, battendo Filippo Ganna.

Egli ha mancato tuttavia, per ragioni diverse, di essere protagonista per la vittoria finale al Giro e alla Vuelta, denotando ancora di non essere affidabile ai massimi livelli per quelle prove.

Di assoluto rilievo anche le stagioni di Adam Yates, Sepp Kuss, Jasper Philipsen, Mats Pedersen e Cristophe Laporte.

A cura di Fabio Alfonsetti