I quotidiani argentini lo danno già per dimissionario, in Italia sono ormai poche e poco accreditate le voci che vedrebbero nell’imminente incontro con l’addì Lo Monaco, l’occasione per prolungare anziché risolvere anticipatamente il contratto che lo lega al Catania. Si attende ormai l’ufficilità, che può arrivare solo dal club etneo. Insomma, Simeone sarà difficilmente in sella alla panchina rossazzurra anche la prossima stagione.
Anteprima, se vogliamo definirla così(?), di un epilogo, più che annunciato già vissuto circa un anno fa, in tempi e modi, con l’attuale tecnico della Fiorentina, Mihajlovic. Anche in quell’occasione il più volte sbandierato “anno di contratto” si rivelò essere un legame troppo labile e per il tecnico, intenzionato ad andar via, e per la società, che mai si sognerebbe di affidare la propria creatura a chi è stanco di accudirla e diciamolo pure, convinto di meritare di meglio.
Scelta lecita, probabilmente persino condivisa, che farà contente e “gabbate” ambo le parti.
La società – è da ormai cinque anni, cinque anni di serie A, che tenta di aprire un ciclo tecnico che dia al Catania una chiara impostazione di gioco, per intenderci: l’unico antidoto al mal di trasferta e quindi prerogativa per ambizioni più preziose della salvezza. Ma non vi riesce. L’allenatore più longevo sulla panchina del Catania (in serie A), con 45 panchine in campionato, è stato Walter Zenga, durato una stagione più sette partite della precedente prima di “saltare” in rosanero e ruzzolare lontano, in Arabia. Davvero pochino, specie ricordando come siano stati i rincalzi e non le prime scelte a far bene, a portar almeno in salvo la stagione.
I tecnici – tutti i tecnici che hanno fatto bene, hanno lasciato intendere la propria esperienza al Catania come un periodo di gavetta obbligatorio ed indispensabile per poter dimostrare, a sé stessi ed ai grandi club, d’essere all’altezza del calcio europeo. Come se bastasse una stagione, o addirittura mezza, a far emergere la mano di un allenatone, novizio per giunta, più che il valore intrinseco della squadra o le capacità della dirigenza. Eppure nel calcio d’oggi è così, dimostrazione ne sono i “successi” di Marino, Zenga e Mihajlovic una volta abbandonata quella squadra, quella società.
“Chi sarà il prossimo?” una domanda naturale, lecita, che formulata in questo contesto assume però tono sarcastico quanto predittivo. Per la società: “Chi sarà il prossimo dopo Baldini, Atzori, Giampaolo?”. Per Simeone: “Chi sarà il prossimo dopo Marino, Zenga e Mihajlovic?”. Non c’è da attendersi niente di buono, per nessuno, a meno che a prevalere, per una volta, sia il tono monitorio della domanda.
Ricordate le parole dell’addì Lo Monaco verso Zenga e poi Mihajlovic? “E’ stato un grande campione, ma in panchina muove solo adesso i primi passi. Avrebbe bisogno di crescere ancora, e Catania può aiutarlo”. Una cassandra.
Insomma, o rinsaviscono gli allenatori, e non è questa l’opzione sulla quale scommettere, oppure di fronte a quel che si profila come il quarto addio estivo (vicendevole od unilaterale poca differenza fa), la società dovrebbe, potrebbe pensare di misurar su altri parametri le proprie scelte tecniche di inizio stagione. Due indizi fanno una prova, ignorarne tre significherebbe negare l’evidenza di aver associato, per tre stagioni consecutive, il tecnico giusto alla squadra sbagliata o la squadra sbagliata al tecnico giusto: ognuna la veda come vuole, più per meno, il risultato non cambia, meno.
E’ tempo di sconvolgimenti sotto il cielo del Catania, così dice il meteo-mercato, bene! Sapremo presto il nome del nuovo allenatore, quindi la partenza di tanti giocatori, tanti argentini, darà modo alla società di costruire un nuovo organico finalmente ad immagine e somiglianza del tecnico, che a sua volta sarà scelto in base ai nuovi intendimenti societari: identità di gioco, valorizzazione progressiva del settore giovanile autoctono da affiancare, e col tempo sostituire, alla semplice monetizzazione dei talenti pescati in argentina.
Non si può né deve più sbagliare. Un centro sportivo come “Torre del Grifo Village” apre nuovi orizzonti, e pertanto esige nuove linee guida, dai pulcini alla serie A. Aver cominciato a programmare il futuro dall’interno di questa nuova struttura, dà a tutto l’ambiente la speranza che una simile discontinuità col passato corrisponda ad una altrettanto decisa discontinuità nelle fortune che, la scelta del tecnico, saprà garantire sin da inizio stagione e per tante stagioni..
[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]