Catania, il punto: le ragioni di una stagione difficile

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logo-cataniaLa musica è finita, le luci si sono spente. A stoppare lo stereo è stato uno svedese di nome Alex Farnerud, che ha zittito il ‘Massimino’ con la sua rasoiata precisa. A spegnere i riflettori e le speranze dei tifosi catanesi, ci ha poi pensato Ciro Immobile, che con il suo goal ha virtualmente condannato alla Serie B il Catania. Dopo il match col Torino, inevitabilmente, è cominciata la caccia ai colpevoli. Legittima, senza alcun dubbio. Quando un obiettivo non viene raggiunto, nel calcio come nella vita, è doveroso capire cosa non ha funzionato e, di conseguenza, di chi siano le responsabilità.

Sicuramente non di Maran. L’allenatore trentino ha tentato il miracolo, ma sebbene qualcuno si sia mostrato talvolta contrariato in merito ad alcune sue scelte, in pochi lo reputano responsabile della stagione fallimentare del Catania. Come sarebbero andate le cose se la società non avesse deciso di esonerarlo ad ottobre, nessuno può saperlo. Sicuramente, però, quell’esonero fu incondivisibile e i risultati non hanno fatto altro che confermare le perplessità dell’epoca.

Qualche responsabilità in più ce l’ha Gigi De Canio, incapace di dare una sterzata alla squadra e colpevole di aver esasperato i tifosi e reso incandescente il clima in città con esperimenti cervellotici. Inoltre, al tecnico di Matera sono imputabili anche le responsabilità sulla gestione non oculata di alcuni calciatori.

I calciatori. Eccoli. In campo ci vanno loro ed è inevitabile che le maggiori responsabilità siano proprio di Izco e compagni. Qualcuno non ha dato ciò che avrebbe potuto, qualcun altro è stato sfortunato, alcuni hanno fatto fatica ad ambientarsi ed altri non erano semplicemente all’altezza della Serie A. Tra infortuni e rendimento insufficiente, dunque, sono in pochi i calciatori a salvarsi. A fine stagione, su queste pagine, tireremo le somme con tanto di valutazione dei singoli che, ad oggi, risulterebbe incompleta sebbene i giochi sembrino ormai fatti.

Ed infine, la società. Tanta, troppa confusione. Due sono stati gli errori imperdonabili commessi dal club rossazzurro: in primis l’immobilismo durante il mercato di gennaio, in secondo luogo il già citato esonero di Maran dopo il k.o. di Cagliari.

In estate le cessioni di Lodi, Marchese e Gomez avevano inevitabilmente privato Maran di tre pedine importanti per il suo gioco, ma gli innesti di Leto, Peruzzi, Guarente, Plasil, Biraghi, Tachtsidis (?) e Monzon sembravano una garanzia sufficiente. Sparare sulle scelte estive, adesso, è troppo facile. In pochi però – compreso chi vi scrive – avevano condannato le operazioni di mercato condotte da Pulvirenti e Cosentino in estate, al punto che le esternazioni del direttore di Tuttomercatoweb, Michele Criscitiello, avevano generato una sorta di rivolta popolare. Nessuno immaginava un Catania in zona retrocessione, probabilmente perché nessuno si aspettava un rendimento così al di sotto delle attese da parte dei nuovi che, unito agli infortuni, ha fatto sì che settimana dopo settimana l’undici rossazzurro diventasse sempre meno competitivo.

La grande colpa di Pulvirenti e Cosentino si chiama ‘mercato di riparazione’. Per mesi i tifosi hanno sottolineato come il greco Tachtsidis non fosse riuscito a rimpiazzare a dovere Lodi e la società, dopo averne smentito seccamente il possibile rientro, ha riportato in Sicilia il numero 10. Definire deludente l’apporto di ‘Ciccio-goal’, però, è dire poco. Eccezion fatta per il brillante debutto contro il Bologna, Lodi è parso la controfigura del brillante metronomo ammirato fino all’estate scorsa. Senza dimenticare l’ottimo innesto di Fabian Rinaudo in mezzo al campo, al Catania sarebbe bastato piazzare altri due colpi nei ruoli che necessitavano maggiormente rinforzi, per poter dire la sua fino all’ultimo.

Un portiere e un attaccante, insomma. Senza girarci attorno. Andujar ha la commesso troppe incertezze, Bergessio non è mai stato un bomber e mai lo sarà e dunque avere a disposizione una vera prima punta (o anche una seconda punta che avrebbe sgravato il ‘Toro’ del lavoro sporco) avrebbe fatto la differenza. Giannetti sarebbe stato il profilo ideale. Ma non solo lui. Nascondersi dietro un dito, a marzo, sostenendo che Fedato fosse un rinforzo adeguato, è stato un autogoal societario. Belfodil e Giannetti sono stati cercati a lungo, come lo stesso presidente Pulvirenti ha confermato in conferenza stampa. Il club etneo, però, non è riuscito a portare a casa nè l’uno nè l’altro e ha ripiegato sull’ex Bari. Ammettere questo sarebbe stato più apprezzabile.

Inoltre, anche sul piano numerico, sarebbe servito qualcos’altro. Che Almiron, Alvarez e Legrottaglie non offrissero più le garanzie fisiche necessarie per giocare con continuità e su livelli accettabili era sotto gli occhi di tutti e probabilmente qualche alternativa in più avrebbe fatto comodo. Purtroppo, però, la presenza in organico di troppi giocatori non all’altezza della situazione (eredità di errori commessi anche nelle precedenti stagioni), ha in parte legato le mani ad una società che certo non poteva allestire, tanto per ragioni economiche quanto per ragioni di gestione, una rosa composta da 30 calciatori.

Insomma, una serie di errori che ha condotto la truppa rossazzurra ad una stagione da dimenticare ma che, con un pizzico di fortuna in più, si sarebbe conclusa senza un’evitabile ‘tragedia’ sportiva.

Adesso, però, bisognerà rimboccarsi le maniche per allestire in fretta un organico all’altezza e dimostrare alla tifoseria e all’ambiente tutto che il ciclo Catania non è affatto finito. Con l’auspicio di vedere un pizzico di autocritica in più da parte della società, ingrediente necessario per evitare il ripetersi degli errori e l’inasprimento dei rapporti con pubblico e stampa.

[Renato Maisani – Fonte: www.mondocatania.com]