Catania-Montella: l’ora dei saluti

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CATANIA Più che tristi, dispiaciuti; più che contenti, sollevati: entrambi, ed allo stesso momento. Il Catania e Montella si dicono addio al tramonto di giorno 4 giugno 2012. L’ormai ex allenatore dei rossazzurri ottiene la rescissione del contratto, che gli permetterà a breve di esser ufficializzato come nuovo tecnico della Fiorentina, il Catania ottiene dalla Fiorentina il giovane centrocampista ghanese Salifu, a parziale indennizzo per la cessazione anticipata del rapporto con l’allenatore ex Roma e che, in verità a Roma avrebbe voluto tornare.

Non è andata come tutti avrebbe sperato, sin dapprincipio. È andata com’era inevitabile che andasse una volta pronunciate quelle parole nell’ultima conferenza della stagione: “Per la Roma ho una debolezza”. Una debolezza per la città di Roma, che visto il suo vissuto ha irritato pochi, una debolezza per la squadra della Roma, che nonostante i suoi trascorsi ha indispettito tanti, una debolezza per la panchina della Roma, che visti i suoi precedenti ha sbigottito tutti, infine una debolezza da padre, per la sua famiglia, a Roma, che nessuno può metter in dubbio ma che è parsa come intrusa a forza tra le tante debolezze, parse così più che altro giustificazioni: stucchevoli.

Senza quelle parole, non fosse stato per quell’unica vera debolezza, l’aver precorso i tempi irretito da lusinghe e promesse da mercanti, tutto sarebbe andato diversamente. Il Catania avrebbe volentieri bollato l’interesse sbandierato dai media romanisti (nazionali e non) per Montella come bolla di sapone, Montella avrebbe ringraziato per gli attestati di stima e riportato scatole e scatoloni a Catania, magari anche figli e famiglia. Sarebbe bastato tacere, scientificamente, prendere l’esempio di Zeman, che di Montella è sempre stato mentore e che se alla fine, zitto zitto, alla Roma è finito proprio al posto di Montella, qualcosa da insegnargli ancora l’aveva.

“Il silenzio è d’oro”, un proverbio di cui il boemo fa tesoro. Un proverbio che saggiamente mantiene inalterate le apparenze mentre la sostanza muta. Ed allora val la pena ricordarne un altro, di proverbio: “Non è tutto oro quel che luccica”. Vale a dire, nel nostro caso, che non è prezioso il silenzio se non nasconde un sostanziale imbarazzo, una sostanziale titubanza, un sostanziale dubbio, se non è, in una sola parola, sincero. E Montella sincero lo è stato, sinceramente più di quanto non avrebbe voluto, scoprendo che la sincerità non è una scelta ma un pregio e tutto quel che ne consegue è il prezzo che si paga, a peso d’oro, per apparire quel che si è, sostanzialmente.

Sincerità nello sbandierare con orgoglio, ma per la prima volta, a sprezzo di esser provvido o ragionevole, quella bandiera giallorossa nascosta più che riposta al suo arrivo a Catania. Sincerità che chiama sincerità, sincerità cui con la stessa sincerità si è risposto, ponendo davanti ad ogni ragione o compromesso l’orgoglio dei propri colori, un mare di “rosso ed azzurro” dentro cui, quella macchietta gialla, non potendo ormai che balzare inevitabilmente agli occhi, più non poteva essa stessa che sentirsi intrusa, più far altro che prender il largo, ed altro non poteva il mare che sopire le correnti che ancora la trattenevano qui.

Stare insieme è un istinto istantaneo, è credere di conoscersi, apparentemente. Ma solo col tempo, solo conoscendosi sostanzialmente, si può sinceramente scegliere se continuare a stare o meno insieme. Il Catania e Montella sono stati insieme, si sono voluti sinceramente bene, hanno imparato a conoscersi e stimarsi, si sono regalati gioie e dolori che restano e resteranno ricordi ed insegnamenti troppo preziosi per esser scioccamente rimpiazzati dalla nequizia. Poi, conoscendosi sempre più a fondo, in fondo si sono scoperti incapaci di restar insieme come incapace l’uno di metter per primo da parte l’orgoglio e chieder scusa all’altro, rischiare senza esser certo del perdono.

Forse, semplicemente, tanto a fondo hanno imparato a conoscersi, a conoscere i propri caratteri, da diffidare che ciò, vicendevolmente, potesse accadere. Troppo rischioso porger lui per primo la guancia, troppo rischioso porger l’ambiente l’altra guancia. E quando manca la fiducia, a torto od a ragione, meglio lasciarsi subito per lasciarsi bene. Perché in fondo, l’unico modo per superare una debolezza è cedervi, come l’unico modo per conoscere sostanzialmente una persona è proprio conoscere le sue debolezze. Fosse Montella rimasto (in silenzio), le tentazioni sarebbero tornate presto o tardi, e presto o tardi ci saremmo ritrovati esattamente qui, scoperti sostanzialmente così.

Sinceri ma incompatibili, orgogliosi certo entrambi, convinti di conoscersi a tal punto da non fidarsi più l’uno dell’altro. Ma se una lezione va tratta, da quanto vissuto insieme, è che le proprie debolezze, come le proprie scuse, non vanno taciute se sincere. Perché conoscersi è anche riconoscersi sostanzialmente cambiati e come tali, superate le proprie debolezze, all’altro sinceramente mostrarsi se ci si tiene, a restare insieme, od anche solo a non aver rimpianti. Uno schiaffo è un rischio ed una risposta largamente accettabile per chi tiene a conoscere (e non solo ad esserne convinto) davvero quel che potrebbe esserci dietro: conoscere l’altro.

Montella pare persona troppo intelligente e furba per commettere, da solo, due volte lo stesso errore. Il Catania, troppo esperto e vissuto per non saper questo ed altro. Ci si lascia con un addio, libero Montella di muovere i suoi primi passi verso Firenze, libero il Catania, che da tempo aveva smesso di credere che il primo passo del tecnico sarebbe andato verso la riconciliazione, di muovere i suoi primi passi verso un nuovo allenatore. Ci si lascia con un addio, una stretta di mano ed il sole che arrossisce ad occidente. Finisce qui tra il Catania e Montella, finisce davvero al risveglio, è il 5 Giugno, e checché ne dicano i Maya, non è stata la fine del mondo.

Chi ha vinto e chi ha perso, ci si chiede e ci si chiederà, tra il Catania e Montella? Apparentemente nessuno dei due, sostanzialmente entrambi. Ha vinto apparentemente la Fiorentina, in fondo in fondo ha vinto sostanzialmente la sincerità.. volontaria o accidentale che sia stata.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]