Forlán come non l’avete mai visto: ecco tutti i segreti del Cacha

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Me lo immagino sdraiato su un prato a guardare un cielo celeste, come la maglia della sua nazionale. E a ricordarsi tutta la sua carriera e la sua vita. I piccoli ricordi, le grandi emozioni, gli aneddoti e i segreti che fanno di un uomo un campione, nello sport come nella vita. Ecco alcuni appunti sparsi presi dalla valigia di Diego Forlán. Una valigia carica di esperienza, ma piena ancora di sogni.

PERCHE’ SI CHIAMA IL CACHA? – Per tutti Forlán è il Cacha. Un soprannome curioso e nato quasi per caso. Cacha, in spagnolo “manico”, è il diminutivo di Cachavacha, una strega dei cartoni animati famosa in Uruguay. Naso adunco e folta chioma ci sono: la somiglianza effettiva con Forlán, meno. Il soprannome glielo diedero due compagni dell’Independiente, “el Huevo” Toresani e il “Panchito” Guerrero. Forlán ammette: “Non è soprannome più bello che potessero darmi, però bueno, da allora sono stato chiamato così”. Negli anni in Inghilterra, però, nessuno sapeva il soprannome di Forlán, così il Cacha stava per perdersi. Ma quando è arrivato all’Atletico Madrid, ha incontrato Mariano Pernìa, terzino con un passato all’Independiente, che ha ricordato l’esistenza del soprannome. E allora compagni e tifosi hanno ripreso a chiamarlo così.

LA PRIMA SFIDA CON ETO’O – Eto’o parte, arriva Forlán. All’Inter, Diego ha il difficilissimo compito di non far rimpiangere il camerunese. Ma in passato, Forlán ha fatto anche meglio di Samuel Eto’o. Stagione 2004-2005, mancano due giornate alla fine del campionato. Il Villarreal, alla caccia di una storica qualificazione in Champions, sfida il Barcellona, già campione, al Camp Nou. Forlán ha fatto 20 gol, Eto’o 24. Forlán fa una doppietta, che avvicina il “Sottomarino giallo” al sogno. Ma il Barça è spietato: doppio Dinho e gol di Giuly, ma non segna Eto’o, che sbaglia anche un rigore. Serve un gol: Forlán lo trova in pallonetto e agguanta il pareggio. Dopo questa tripletta, Forlán è a quota 23, a meno uno da Eto’o e a meno due da Henry, che ha fatto 25 gol in Premier. Ultima partita: Levante-Villarreal. Al Cacha servono due gol per vincere la Bota de Oro, come si chiama in Spagna. E i due gol arrivano. Eto’o, impegnato contro la Real Socieded, rimane a secco. “Il mio primo pensiero è stata la qualificazione in Champions League. Soltanto dopo ho pensato alla Scarpa d’Oro. Il gol decisivo, a tre minuti dalla fine, è stata un’emozione pazzesca: non sapevo neanche come festeggiarlo, a chi dedicarlo” – racconta commosso Diego.

LA SECONDA SCARPA D’ORO – Ancora loro, sempre loro. Dopo quattro anni, Forlán e Samuel Eto’o si ritrovano. Sullo sfondo, ancora la Scarpa d’Oro. L’Atletico Madrid inizia la sua rimonta Champions battendo 4 a 3 proprio il Barcellona di Eto’o (quello del primo triplete), in una partita epica in cui  Forlán segnò due volte. A meno 8 giornate dalla fine, Eto’o è capocannoniere con 26 gol, Forlán insegue a 21. El Cacha, a suon di doppiette, finisce con 32 gol, il camerunese si ferma a 30. La Scarpa d’Oro va, per la seconda volta, a Diego Forlán. Battuto anche Janko, che ha segnato a raffica in un campionato meno competitivo come quello austriaco.

IL PADRE E IL RIFIUTO AL MILAN – Il padre di Forlán, Pablo, è stato un grande calciatore. Un pilastro difensivo dell’Uruguay campione del Sudamerica e del Penarol campione del Mondo. Ma forse c’è una cosa che non tutti sanno: Pablo Forlán attirò l’interesse del Milan, che provò a prenderlo. Ma Pablo rifiutò i rossoneri, per rimanere in Sudamerica. Chissà cosa proverà quest’anno Pablo nel vedere suo figlio giocare nel derby proprio contro il Milan.

DESTRO O SINISTRO, NON FA DIFFERENZA – Una particolarità di Forlán è che calcia molto bene con entrambi i piedi. La precisione nel destro, la potenza nel sinistro: i portieri di Serie A sono avvisati. Questo grazie a suo padre, che da bambino lo portava ad allenarsi davanti al club Carrasco de Uruguay e gli ripeteva: “Devi calciare ugualmente con il piede destro e con il sinistro”. E Diego, obbediente, si sforzava di calciare la palla anche con il piede sinistro. Con ottimi risultati.

FORLÁN E L’ITALIANO – Forlán ha stupito nelle prime interviste, parlando fin da subito in italiano. Ovviamente la lingua non è perfetta, ma è già al livello di chi è in Italia da qualche anno. E gli basteranno un paio di mesi per parlarlo quasi perfettamente. Da ragazzo infatti Forlán ha frequentato per qualche anno la scuola italiana di Montevideo. Alla fine dei suoi studi, Diego ha fatto dodici anni di inglese, cinque di italiano, tre di portoghese e tre di francese. L’Internazionale allora è proprio la squadra giusta per lui.

IL PROVERBIO URUGUAIANO – Forlán è un uomo dai sani principi. Una cultura del lavoro e del sacrificio che i suoi genitori gli hanno insegnato da bambino. Concentrarsi su una cosa alla volta, così recita un proverbio locale: “Il segreto per ottenere i tuoi obiettivi giornalieri è semplice: quando c’è da lavorare, lavori, quando c’è da mangiare, mangi, quando c’è da studiare, studi e quando c’è da dormire, dormi”.

IN NAZIONALE CON EL CHINOLe prodezze di Forlán al Mondiale 2010 se le ricordano tutti: 5 gol, tutti bellissimi. Ma il primo gol in un Mondiale, Diego lo segnò nel 2002, in Korea e Giappone. Nell’ultima partita del girone, Uruguay-Senegal, Forlán entra dalla panchina, con la squadra sotto per 3 a 1. Recoba tira una punizione dalla trequarti: la difesa mette la palla la fuori, ma arriva a Forlán, che stoppa il pallone e lo calcia al volo all’incrocio. “Uno dei migliori gol della mia carriera” – l’ha definito Forlán. Per la cronaca, Recoba, su rigore, portò il risultato sul 3-3. Ma fu tutto inutile: Francia e Uruguay eliminate, Senegal e Danimarca agli ottavi. Uno dei più importanti, invece, è il rigore che ha permesso all’Uruguay di andare agli scorsi Mondiali. Nella partita decisiva contro l’Ecuador, il punteggio è fermo sull’1 a 1. Al 93° rigore per l’Uruguay: Forlán si assume la responsabilità. Il portiere avversario prova a infastidirlo, ma Diego non sbaglia: rigore perfetto all’incrocio e Celeste ai Mondiali, dove poi arriverà in semifinale.

LA PASSIONE PER IL TENNIS – Forlán non ama solo il calcio, ma è anche un grande giocatore di tennis. Da ragazzo, si divideva tra racchetta e pallone. La storia che Forlán ha smesso di giocatore a tennis, preferendo il calcio, dopo l’incidente della sorella Alejandra, per pagarle le cure, è vera solo in parte. Forlán infatti ha sempre giocato a calcio e con una famiglia del genere non poteva essere altrimenti. A tennis ha giocato e il tennis gli ha insegnato molto, soprattutto  a livello mentale. Però ha deciso di smettere quando il club di tennis ha cambiato allenatore. E ha scelto, giustamente, il calcio. Negli anni in Spagna, Diego si è anche appassionato al golf. Proprio giocando a golf (alla sua maniera), ha girato un divertente spot per l’Adidas.

UN ESORDIO… DIFFICILE – Forlán ha avuto un esordio difficile nel calcio che conta. Ma non perché avesse problemi in campo, anzi. Solo per una questione di cuore. Diego ha 19 anni e gioca nell’Independiente, però nel week-end è pronto per tornare a casa, in Uruguay. Tanto lui non giocava in prima squadra e in Uruguay c’era il clasico: il suo Peñarol contro il Nacional. Ma nella lista dei convocati legge un nome: Diego Forlán. “L’unica volta che posso perdermi una partita c’è il mio nome nella lista: sono un fenomeno” – pensò Diego a caldo. Ma ripensandoci capì quanto fosse importante quella prima partita in Prima Divisione argentina. Fu l’inizio della sua carriera da calciatore.

L’IMPEGNO CON L’UNICEF – “All’inizio ero sorpreso, poi ho provato tanto orgoglio a rappresentare il mio paese nel mondo: è stata un’emozione pazzesca”. Così Diego Forlán commenta il giorno in cui è diventato ambasciatore dell’UNICEF per l’Uruguay. Era il 22 marzo 2005, aveva 25 anni ed era già una personalità importante del paese. Forlán ha ricevuto il compito di difendere i diritti dei bambini, di aiutare a sensibilizzare sull’importanza di questi diritti e di promuovere le azioni di solidarietà.

IL NUMERO – Forlán ha scelto il numero 9. Per lui è un numero inedito, che non ha mai indossato in carriera. Ha esordito con il 32, all’Independiente ha preso il 18 e a Manchester il 21. In Spagna aveva il 5 al Villarreal e il 7 all’Atletico Madrid. Mentre in nazionale è passato dal 21 del Mondiale 2002 fino al 10. Per Forlán il numero non è mai stato un problema e non ha mai avuto un numero preferito. Ha sempre scelto il numero libero che gli piaceva di più al momento. E anche all’Inter ha fatto così, senza considerare la pesante eredità della maglia numero 9.

UN CORPO SENZA TATUAGGI – Forlán è sempre stato molto attento alla cura del corpo. Atletico e molto professionale. Anche a tavola, segue un’alimentazione equilibrata. La pasta al pomodoro è uno dei suoi piatti preferiti, quindi in Italia si troverà senza dubbio benissimo. Anche l’asado fa parte della sua tradizione: non potrà che trovarsi bene con gli argentini Zanetti, Samuel, Milito e Cambiasso. Un corpo sempre in forma ma senza tatuaggi. Diego non ha mai pensato di tatuarsi, anche se non critica assolutamente chi ce li ha.

FUNDACION ALEJANDRA FORLÁN – E’ la sorella maggiore di Diego. Nel settembre del 1991, all’età di 17 anni anni, fu vittima di un terribile incidente a Montevideo, che l’ha costretta alla paralisi e a molti anni di cure. Forlán aveva 12 anni, era un bambino, e non potrà mai dimenticare quando la vide all’ospedale e cercò di abbracciarla. Alejandra ebbe la forza di continuare a vivere, dopo 7 mesi di riabilitazione con il respiratore artificiale. Quel giorno cambiò la vita del Cacha e della sua famiglia. Ma dal quel giorno Diego ha una forza in più: lottare anche per sua sorella. Insieme a lei ha fondato la Fondazione Alejandra Forlán, che aiuta coloro che sono coinvolti in incidenti automobilistici.

[Guglielmo Cannavale – Fonte: www.fcinternews.it]