Lazio: il pagellone del 2010

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Si consuma la notte nei cieli di Roma, mentre riecheggiano in lontananza gli ultimi vaggiti del nuovo che avanza. È capodanno e per la gente laziale la fatidica attesa dell’utlimo giro di lancetta, questa volta ha un gusto davvero particolare. È tempo di bilanci e di valutazioni. Il 2010 biancoceleste ha chiuso i battenti consegnadoci una Lazio seconda in classifica pronta a sfidare l’impossibile per regalarci i presupposti di un sogno inatteso, ancora da realizzare. Pazza Lazio verrebbe da dire e pazzo anno che fu. Sfogliando a ritroso il calendario andato nel firmamento biancoceleste inferno e paradiso quasi si toccano. Due stagioni calcistiche e una duplice faccia di una stessa medaglia: la Lazio.

Il male e il bene, il bello e il brutto di chi ama questi colori. Da Ballardini a Reja, dalle stalle alle stelle. Un’impennata apocalittica che parte da una salvezza raggiunta alla penultima giornata dello scorso campionato, sino al ruolo da protagonista recitato in questa stagione. Partite incolore cancellate da vittorie entusiasmanti, partenze importanti annientate da acquisti da urlo. La montagna russa biancoceleste che ha rappresentato il leit motiv del 2010. La firma indelebile sull’ultimo anno di Lazio è senza dubbio quella di Edy Reja. Il tecnico friulano arrivato in sordina ha preso per mano la squadra facendola crescere e maturare.
Se lo scettro va al mago Edy la corona spetta di diritto ad Olympia. Bella, emozionante, fiera, svetta ogni domenica l’aquila biancoceleste sui cieli dell’Olimpico. Con lei la Lazio è da sempre imbattuta, con lei i dissapori hanno fatto spazio all’amore, con lei la gente laziale è tornata a tifare. È stato un anno al cardiopalma, un anno vero, in stile Lazio. Un 2010 da ricordare e da raccontare insomma, che prima di passare in archivio, si guadagna ancora qualche attimo di gloria e un po’ di spazio. Né foto, nè amarcord, ma solo un “Pagellone” che Lalaziosiamonoi.it ha voluto confezionare per voi con estrema cura. Una carrellata di voti e di valutazioni per tutto ciò che concerne il mondo biancoceleste. Non vuol essere una lista di buoni e cattivi o di promossi e bocciati, ma solo commenti, frasi e pareri su chi la Lazio l’ha difesa, guidata e indossata negli ultimi 12 mesi. A noi il giudizio, a voi l’ardua sentenza…

SOCIETA’:

CLAUDIO LOTITO, Il Monarca: È nel bel mezzo del settimo anno di “monarchia biancoceleste” e i limiti restano legati proprio al fatto che la sua presidenza è basata più “sull’assolutismo che non sulla democrazia”. Ho preso in prestito una similitudine a sfondo politico, per partire dalle note dolenti della sua valutazione. Si tratta di aspetti caratteriali e non certo di scelte sbagliate legate a questa o l’altra stagione. Manca nel “savoir faire” che per lui che snocciola tranquillamente il latino resta un qualcosa di terribilmente sconosciuto. Curare di più i rapporti con la gente e non continuare a dividere stampa e critica fra “Buoni e Cattivi” è l’ultima sfumatura da limare per conquistarsi al 100% il mondo Lazio. Il suo 2010 però ha sottolineato l’apice di una crescita esponenziale sia di gestione, che di scelte. Piacciono terribilmente le sue intuizioni di mercato (merito condiviso con Tare) e piace la rotta che ha dato al club proiettandolo tra le grandi della serie A. E’ corso ai ripari liquidando Ballardini e cancellando gli orrori del 2009. Ha ceduto Kolarov nell’operazione più astuta del mercato estivo e poi con un colpo da teatro ha impacchetato per il popolo biancoceleste il cioccolatino più prezioso del Brasile: Hernanes. Intelligente la scelta di consegnare le chiavi in mano a De Martino per dare il via alla nuova comunicazione biancoceleste. Valida la politica di buon senso attuata con Ledesma, che alla fine ha spazzato via le nefaste scelte dello scorso campionato. Ottimo anche il suo impegno dietro le quinte, che lo vede sempre più protagonista fra i “Palazzi della Politica del Calcio”. Voto 6,5 pieno.

IGLI TARE, Il segugio: Il suo è un 2010 che sa di rivalsa. Sbagliato totalmente il mercato del 2009 il diesse biancoceleste ha continuato a lavorare giorno e notte per migliorare la Lazio. Ottime le intuizioni brasiliane. Dias al cospetto di tutti è diventato il muro invalicabile della retroguardia laziale ed Hernanes neanche a dirlo è il campione assoluto di questa squadra. Importante il puntello Biava, mentre è assolutamente fondamentale Sergio Floccari pescato (anche se pagato parecchio) dal Genoa. Restano solo alcune ombre sulle mosse di mercato avallate da Tare. L’arrivo di Garrido su tutti. A sinistra infatti oggi lamentiamo un gap, figlio della scelta infelice del mercato estivo. Per chiudere la sfera del calciomercato, l’ultima sfumatura che manca ancora al buon Igli per laurearsi fra i grandi della Serie A, è di riuscire a scovare talenti in erba o a basso costo da trasformare in autentiche rivelazioni per il nostro campionato. Infine sul lato rapporti con il gruppo: restano ancora freddi (da non dimenticare che nel primo 2010 a Norcia sia Tare che Lotito vennero allontanati dalla squadra). Si può migliorare. Sarebbe stato un 7, ma la macchia dello scorso campionato non lo fa andare oltre il 6,5. Voto 6,5

STEFANO DE MARTINO, Il professionista: Si divide quotidianamente fra l’interfacciare società, squadra, diesse, stampa e spesso tifosi. Il suo ruolo di Responsabile della Comunicazione lo svolge a pieno, con tanta dedizione e voglia di fare. Aveva promesso nell’anno del suo insediamento di riservare in cantiere un grande progetto Lazio, fatto di migliorie e molteplici sfide. Venne annunciata una rivista, una radio e una Tv biancoceleste. Con sensibile ritardo, ma con tanta professionalità quest’anno stanno venendo alla luce i nuovi media laziali. Il suo colpo a sensazione è stato sicuramente il mensile ufficiale: Lazio Style 1900 magazine. Un buon prodotto, ricco di foto ed interviste in edicola ormai da due mesi. Per la sua realizzazione è ovvio che i complimenti vanno anche allargati a tutto lo staff dell’Ufficio Stampa biancoceleste. È in cantiere la Radio, che ormai è praticamente pronta all’esordio (sarà il 9 gennaio 2011), mentre ci vuole ancora del tempo per dare il via a Lazio Style 1900 Channel. Ha riorganizzato l’affluenza dei calciatori in sala stampa e ha ridato lustro al settore della Comunicazione, dimenticato da anni. Aspetti da migliorare: Pur conservando l’esclusività del prodotto Lazio, da Stefano De Martino mi aspetterei un impegno ad abbassare quella coltre invalicabile oltre la quale appare blindata la società. Ciò che traspare all’esterno fra la gente e i media locali è che la Lazio vada spiata e non seguita. Accorciare la distanza fra il tifoso e la squadra non solo attraverso organi ufficiali, ma avvalendosi anche del mondo circostante. Voto 7.

DAVIDE BALLARDINI, Il grande bluff: E’ arrivato a Roma (2009) con il blasone di guru del calcio. Portava con se una cartella piena zeppa di numeri, che riassumevano le sue scarse esperienze in serie A. Statistiche raccolte fra Cagliari e Palermo che il discepolo di Sacchi voleva rappresentassero un’ancora di salvezza da snocciolare all’occorrenza nei momenti bui. Poche di idee praticabili e tatticamente in confusione, Ballardini ha dimenticato che prima di essere tecnici nella vita bisogna fare gli uomini. Poco cortese con la gente, che invece lo aveva acclamato da subito e voltafaccia con i suoi calciatori (vedi i casi Pandev e Ledesma). Sicuramente un aziendalista, come ha confermato anche Preziosi, ma questo sarebbe il minimo, solo che con la Lazio il guru di Ravenna ha dimenticato fare proprio l’allenatore. Voto 3

EDY REJA, Il saggio: E’ senza dubbio l’immagine biancoceleste di questo 2010. È arrivato in sordina per sfilare la Lazio dagli inferi della serie B e in silenzio ha lavorato curando il gruppo come un dottore. Ne ha capito i mali e ne ha risolto i dolori. Lui, l’uomo tutto di un pezzo di Gorizia ha fatto scudo sulle critiche e ha chiamato a se la gente quando c’è stato il momento di serrare i ranghi per salvare il salvabile. Poi quando quella stessa gente ha iniziato a mugugnare sul suo futuro nella Lazio, Edy ha fatto orecchie da mercante, lasciando spazio nel suo quotidiano solo alla Lazio e al lavoro. Acuto nel chiedere rinforzi di mercato il tecnico friulano ha tessuto una fitta rete di contatti in estate con Tare e Lotito, pretendendo i puntelli giusti e una cigliegina sulla torta chiamata Hernanes. Quel che rende grande questo allenatore è che da un campionato all’altro si è dimostrato perfetto in ogni situazione. Calma e pacatezza, ma anche forza e carattere, ecco gli aspetti peculiari di Edy. A lui non fa paura nulla, né la risalita, né tantomeno l’alta quota. È un vincente e questo lo si nota dallo spirito. L’audacia non è giocare con un attaccante in più, ma misurarsi con una piazza focosa come quella di Roma (e prima quella di Napoli) senza mai abbassare la testa davanti alle critiche, ma ammettendo gli errori quando serve. Lui le sue scelte le segue a prescindere (vedi Zàrate) ed or ha deciso di far grande la Lazio: Buon lavoro mister: voto 8.5

PORTIERI:

TOMMASO BERNI, Esempio: dopo aver vissuto ai margini gran parte della sua esperienza capitolina, approfittando dell’infortunio di Albano Bizzarri, ha conquistato saldamente il ruolo di vice Muslera. Nonostante abbia partecipato soltanto a quattro partite ufficiali (Fiorentina, Udinese, Portogruaro e Albinoleffe) nell’arco dell’anno 2010, il portiere toscano, quando è stato chiamato in causa, ha sempre dimostrato di essere all’altezza della situazione. Poche chiacchiere, tanto sudore e un talento forse sottovalutato. Voto 6.

ALBANO BIZZARRI, Deluso e deludente: da candidato numero uno a terzo portiere alle spalle di Muslera e Berni. In mezzo c’è tutta l’amarezza dell’estremo difensore argentino che, complice anche un brutto infortunio alla spalla, non è mai riuscito a riproporre a Roma credenziali e qualità che a Catania gli avevano permesso di vivere una seconda giovinezza. Le poche chance europee che gli aveva concesso Ballardini l’ha gettate all’ortiche, mostrando incertezza dentro e fuori dai pali (vedi Villarreal e Salisburgo). Rare ma deludenti prestazioni che poi nel 2010 gli sono costate il cambiamento di rotta da parte della società, che da qualche mese a questa parte sta andando a caccia di compratori. Difficile sintetizzare con un voto la sua esperienza in biancoceleste, se non altro perché in campionato non ha collezionato neanche un’apparizione. Voto NG.

FERNANDO MUSLERA, Altalenante: è stato un 2010 in crescendo per Nando Muslera. Prima la salvezza con la Lazio, poi il quarto posto mondiale con l’Uruguay con cui ha confermato la sua fama di para-rigori (ai quarti di finale con il Ghana), quindi il secondo posto in classifica a tre lunghezze dal Milan. In Serie A come in Sudafrica si è rivelato sorprendentemente discontinuo: alterna papaveri a papere, ma non è l’unica vittima dell’imprevedibile “jabulani”. Male nei due derby del 2010, dove incassa tre rigori e una punizione. La pezza insomma poteva metterla lui. Nella tanto chiacchierata Lazio-Inter fu l’unico a tenere alto l’onore in una partita che da molti era stata definita già “scritta”. Quest’anno è uno dei portieri meno battuti della A, ma a volte pecca ancora di concentrazione. L’obiettivo per il 2011 sarà quello di far bene anche i “compiti” più semplici. Voto 6,5

DIFENSORI:

ANDRE’ DIAS, Risoluto: sbarcato a Roma 12 mesi orsono si è già consacrato come uno dei migliori difensori del campionato italiano. “Il ministro della difesa”, dopo qualche difficoltà iniziale (ricorderete tutti Lazio-Catania 0-1 con gol di Maxi Lopez) è riuscito a trovare la sua dimensione, estraendo dal cilindro verde-oro prestazioni sempre più convincenti. Audace, tempestivo, risoluto. E visto che buon sangue non mente, anche goleador. L’ex tricolor è stato autore fin qui di tre reti importantissime, le prime due lo scorso campionato contro Bologna e Genoa, sfide valevoli ai fini della salvezza biancoceleste. L’ultimo sigillo, tra l’altro di ottima fattura, in quel di Palermo circa due mesi fa. Insieme al compagno di reparto Biava formano una delle migliori coppie centrali del palcoscenico nostrano. Voto 7.

GIUSEPPE BIAVA, Rivelazione: a Formello ci entra in punta di piedi. Inizialmente sembra risentire in maniera eccessiva del forte impatto con la realtà capitolina, tanto che nelle prime gare del suo 2010 biancoceleste, non riesce ad incidere come vorrebbe sulle dinamiche del pacchetto arretrato di mister Reja (che la maggior parte delle volte gli preferisce Stendardo), risultando spesso timido ed impacciato nei disimpegni (“storico” l’erroraccio di Bologna). All’inizio della nuova stagione, lavorando in silenzio e senza fare mai proclami, riesce a riprendersi il “maltolto”, garantendo quella solidità e quel carattere che alla retroguardia biancoceleste mancavano ormai da tempo. Forma con Dias una delle coppie centrali più forti del campionato di serie A e gran parte del merito degli appena 16 gol subiti in 17 giornate (terza difesa meno battuta) è la loro. Sforna prestazioni altisonanti (chiedere ad Ibrahimovic) e rappresenta certamente uno dei pilastri di questa nuova Lazio: il rinnovo di contratto con il club capitolino, ormai, sembra essere una semplice formalità. Nel suo 2010 mancherebbe solamente la chiamata di Cesare Prandelli con la Nazionale italiana: ma il ct azzurro sembra essersi comunque accorto di lui… Voto 6,5

LUIS PEDRO CAVANDA, Acerbo: il suo 2010 non inizia certo sotto i migliori auspici. Minuto 40 della sfida Lazio-Catania, valida per il campionato Primavera: mister Sesena decide di sostituirlo e lui, stizzito, si leva la maglia e la getta a terra. Un gesto che viene aspramente condannato dalla società e che sembra proiettarlo lontano da Formello. Non sarà così. In estate, infatti, Reja decide di aggregarlo alla prima squadra ed il belga-angolano dà subito dimostrazione delle proprie capacità, distinguendosi per carattere e sicurezza. In campionato fronteggia Cassano prima e Ronaldinho poi con il piglio di chi non ha nulla da perdere e con una sfrontatezza fuori dal comune. Visti i continui forfait del basco Garrido, viene promosso addiirittura a vice-Radu nell’inedito ruolo di terzino sinistro, ma Krasic gli fa vedere letteralmente i sorci verdi nel momento in cui Zio Edy decide di gettarlo, per la prima volta, nella mischia da titolare. Ha margini di miglioramento impressionanti, ma deve ancora crescere molto sia dal punto di vista caratteriale che da quello tattico. Voto 6

EMILSON CRIBARI, Assente: lontano da Roma e dalla Lazio, in sostanza è stato questo il 2010 di Emilson Cribari. Con l’arrivo del duo Biava-Dias nello scorso mercato di riparazione, il brasiliano, non rientrando più nei piani della società capitolina, è approdato al Siena con l’opzione del prestito fino al 30 giugno 2010. La parentesi senese è stata poco fortunata e il rientro a Formello a fine giugno è stato imminente. Rimasto in bilico per gran parte dell’estate, Cribari è stato acquistato dal Napoli, che lo ha prelevato dalla Lazio a titolo definitivo gli ultimi giorni del mercato estivo versando nelle casse biancocelesti 500 mila euro. Anche nella squadra partenopea come nell’ultimo periodo targato Lazio, si sta rivelando a livello tecnico più croce che delizia. Voto 4.

MOBIDO DIAKITE’, Gigante in gabbia: finalmente in rampa di lancio con Ballardini, tra i più penalizzati con l’avvento di Reja. Dopo un lungo periodo di apprendistato, questo che si è spento doveva essere l’anno della sua definitiva esplosione, in cui vigore atletico e voglia di emergere avrebbero dovuto plasmarsi con una continuità di utilizzo che non c’è mai stata. Tra l’inverno del 2009 e i primi vagiti del 2010 era stato il tecnico ravennate a provare ad innescarlo in pianta stabile, preferendolo addirittura a Lichtsteiner nel ruolo di esterno destro. Lo spettro della retrocessione e lo sbarco nella Capitale del “normalizzatore” goriziano hanno imposto il dietro-front. La necessità di affidarsi agli elementi più navigati per salvare la barca che stava affondando l’hanno nuovamente relegato al ruolo di prospetto in cerca di amatori. La seconda parte dell’anno ha restituito qualche certezza in più all’ex pescarese: dopo aver trascorso in gattabuia i primi mesi, ha lentamente convinto Reja, spodestando la leadership di Stendardo alle spalle del duo Biava-Dias. Quattro spezzoni di gara convincenti e due gettoni da titolare che lasciano ben sperare. Voto 5.

JAVIER GARRIDO, Non pervenuto: arrivato a Roma come “merce” di scambio nell’affare che ha portato Kolarov al City e considerato da mister Reja la vera alternativa al terzino serbo, il basco ha disatteso in pieno le aspettative. Non tanto sotto l’aspetto tecnico-tattico, quanto sotto quello della condizione fisica. Non era, certo, un mistero che la carriera dell’ex Citizens fosse spesso stata costellata da infortuni di diversa entità e natura, ma era stato presentato come un giocatore integro e pienamente utilizzabile. Ha trascorso più tempo in infermeria che sui campi da gioco e, nel momento del bisogno, ha quasi sempre alzato bandiera bianca. Nelle uniche due vere apparizioni con la maglia biancoceleste non ha demeritato regalando anche un’importante perla direttamente da calcio piazzato. Ma l’avversario, con tutto il rispetto, era l’AlbinoLeffe. Rimandato a test ben più probanti. Voto: 4,5

ALEKSANDAR KOLAROV, Irriconoscente: apre e chiude da svogliato. Arrivato con umiltà e voglia di imparare, se ne va da “montato strafottente” e la pretesa di strafare. La corte di Mourinho prima e del Manchester City poi, alla fine l’hanno stordito. Sorprende per tre motivi: 1) definisce i tifosi laziali “malati” dopo averli mandati due volte a quel paese (Bari e Formello); 2) sembra non capire la realtà del derby di Roma pur venendo da una città caustica come Belgrado; 3) al contrario dei suoi amici e “tutor” Stankovic e Mihajlovic non esprime la benché minima riconoscenza nei confronti della Lazio. Due staffilate contro il Palermo e il rigore strappato a Zarate contro il Livorno sono la sintesi di potenza balistica ed interessi personali. Voto 5

STEPHAN LICHTSTEINER, Caratura internazionale: non capita tutti i giorni di battere i Campioni del Mondo e quella per Stephan è stata la soddisfazione più grande del 2010. Lasciato ai margini da Ballardini, ha tenuto duro ed è riuscito a riconquistarsi un posto da titolare sotto la nuova gestione tecnica di Reja. Corsa e polmoni, vive il suo momento magico a marzo quando apre le marcature nel match salvezza vinto contro il Siena e pareggia i conti a San Siro contro il Milan pochi giorni dopo. Il sogno da calciatore è vincere la Champions “e non è detto che debba farlo per forza con il Manchester United”. Frase dell’anno. Voto 7

STEFAN RADU, L’equilibratore della difesa: continuità di rendimento allo stato puro. Si può definire così il 2010 del rumeno che, a parte qualche svarione, negli ultimi 12 mesi ha svestito i panni del prospetto di qualità, impacciato a fasi alterne e senza una collocazione ben definita, indossando quelli ben più confortanti di difensore eclettico ed autoritario. E’ stato tra i pochi a brillare anche nella grigia era Ballardini, in cui aveva trovato nella posizione di centrale (a quattro o a tre) certezze inscalfibili. La cessione di Kolarov, la mancanza di un’alternativa credibile sull’out mancino e il passaggio definitivo alla difesa a quattro l’hanno costretto a riadattarsi nel ruolo di terzino, per caratteristiche mai gradito. Dopo un primo fisiologico periodo di assestamento, ha sfornato prove sempre più convincenti, interpretando il ruolo egregiamente, seppur prettamente in fase difensiva. Ha bloccato il lato di sinistra, compensando le numerose discese sull’out opposto di Lichtsteiner, supportando la coppia centrale composta da Biava e Dias e proteggendo le spalle a Zàrate, che grazie al contributo dell’ex Dinamo Bucarest, non ha patito il nuovo ruolo di attaccante esterno. E’ diventato l’ago della bilancia di una delle difese meno battute della serie A ed oltre a Lucescu, che l’ha riportato in nazionale, se ne sono accorte anche molte big europee. Voto 6,5.

LIONEL SCALONI, Cocinero: “Nel profondo Lio”, era il titolo per un capitolo dedicato a Lionello Manfredonia. Tanti anni dopo, il nomignolo si appiccicherebbe bene anche a Scaloni che però di profondo ha solo la gola: l’immagine del 2010 è lui in ciabatte accanto all’”asado”. Affonda bene il coltello nella carne argentina, un po’ meno la falcata anche quando le avversarie si chiamano AlbinoLeffe e Portogruaro. Gran uomo spogliatoio però, su questo niente da eccepire: c’è anche lui dietro la rinascita della Lazio. Voto 5.

SEBASTIANO SIVIGLIA, Parabola discendente: l’unica prova ben oltre la sufficienza del suo 2010 la fornisce in occasione di Lazio-Fiorentina dello scorso febbraio. Un gol d’autore, peraltro di tacco, sembrava poter spianare la strada al difensore calabrese verso un finale di carriera ben più dignitoso. L’avvento di Reja e le contemporanee prove positive dei neo acquisti Biava e Dias, oltre ovviamente al ritorno di Stendardo e ad una condizione psico-fisica piuttosto approssimativa del 36enne, però, ne hanno segnato, in negativo, l’ultima parte di stagione. Doveva essere la “guida spirituale” nei momenti di difficoltà, a volte è stato uno dei primi ad annaspare. Voto 5

GUGLIELMO STENDARDO, Guerriero: Grinta, determinazione e il volto spaccato da Toni nel derby dello scorso Aprile. Guglielmo Stendardo può incarnare tranquillamente la frase “per questa maglia sangue e sudore”. Desideroso di chiudere a Roma la sua carriera calcistica, il partenopeo ha sempre dimostrato, quando è stato chiamato in causa, di essere un giocatore affidabile in difesa e decisivo in zona gol. Nell’annata 2010 oltre ai gol segnati all’Olimpico contro Chievo (gennaio) e Albinoleffe (novembre) ha contribuito con un vincente colpo di testa alla rinascita della Lazio, in trasferta al Tardini di Parma. Dall’inizio della nuova stagione ha collezionato solo quattro presenze in campionato, l’ultima nel derby del 7 novembre al posto dello squalificato Biava. Voto 6

CENTROCAMPISTI:

ROBERTO BARONIO, Coscienzioso: dal cielo di Pechino al dimenticatoio, o quasi. Il salto è stato breve e deleterio per Roberto Baronio. Complice l’arrivo di Reja e il reintegro di Ledesma, il centrocampista bresciano ha perso definitivamente il posto da titolare dopo esser stato, con discrete prestazioni, un punto fermo della compagine di Ballardini. L’unica apparizione del 2010 risale all’Aprile scorso quando, per sostituire lo squalificato Ledesma, Reja gli ha affidato le chiavi del centrocampo. Ma solo in quell’occasione, perché a fine stagione il tecnico goriziano l’ha evidenziato nella lista dei partenti. Dopo quattordici anni di Lazio in cui solo l’ultimo l’ha vissuto in parte da protagonista, Baronio lascia Formello per accasarsi all’Atletico Roma. Voto NG.

MARK BRESCIANO, Canguro arrugginito: arrivato in estate con i galloni di vice Mauri, la mezz’ala australiana ha trascorso in naftalina i suoi primi mesi laziali. Per esperienza, dedizione alla causa e caratteristiche tecniche, sulla carta rappresenta il tassello giusto per garantire a Reja una preziosa variante alla linea mediana titolare. Intermedio di centrocampo, trequartista esterno (nei primi 45’ di Firenze), all’occorrenza guastatore alle spalle di una punta (vedi Cesena): il repertorio è la duttilità dell’ex rosanero sarebbero potenzialmente utilissimi se non fosse per un intorpidimento atletico, che l’ha frenato anche negli ultimi due anni di carriera, nei quali è stato spesso alle prese con subdoli problemi alla schiena. Il rapporto qualità-prezzo dell’operazione che l’ha portato a Roma (è arrivato in regime di svincolo) lo rendono una pedina sulla quale puntare ancora, soprattutto in omaggio alle indiscutibii qualità mostrate in passato. Purtroppo il diagonale sfoderato in Coppa Italia contro il Portogruaro è uno dei pochi esempi biancocelesti utilizzabili. Voto 5

CRISTIAN BROCCHI, Gladiatore: tirare la carretta a quasi 35 anni e farlo sempre con la solita dedizione e soprattutto con l’abnegazione di un ragazzino non è cosa da tutti. Nel nefasto campionato della scorsa stagione è uno dei pochi a salvarsi e a non perdere mai la faccia anche nei momenti di maggiore difficoltà. Nell’ostica trasferta livornese, regala alla Lazio la salvezza matematica con un tiro dai 25 metri, certamente non il colpo migliore del suo repertorio. In estate, per motivi familiari, pensa addirittura di lasciare la Capitale e di rientrare a Milanello, alla fine sceglie di restare e di firmare il rinnovo con i colori biancocelesti. In questo secondo scorcio di stagione, Reja non riesce praticamente mai a fare a meno del proprio motorino, preferendo fare andare in “nomination” Ledesma e Matuzalem piuttosto che il mediano lombardo. Corre come un forsennato da una parte all’altra del campo, è sempre l’ultimo ad arrendersi. E’ uno dei leader veri di questa squadra, è un esempio da seguire per i giovani (ad inizio dicembre ha parlato nello spogliatoio ai ragazzi della Primavera), rappresenta a 360 ° l’anima di una Lazio che ha una voglia matta di tornare ad essere grande. E lui, uno che è abituato a vincere, sa come si fa… Voto 7

OUSMANE DABO, l’anno dell’addio: il 15 maggio, è il giorno del commiato tra le lacrime sotto la Curva Nord. Prima del fischio d’inizio dell’ultimo impegno della stagione 2009-2010 contro l’Udinese, il francese ha riavvolto il nastro delle sue cinque stagioni in biancoceleste, impreziosite da una Supercoppa Italiana, e da due successi in Coppa Italia, di cui uno, quello contro la Sampdoria, deciso proprio dal suo calcio di rigore. E’ stato l’ultimo vero sussulto della sua avventura nella Capitale, che gli è valsa l’affetto incondizionato dei tifosi per impegno e capacità di regalare sostanza al reparto mediano. Causa i continui problemi al tendine d’Achille, il suo ultimo anno solare non è giudicabile. Voto NG

SIMONE DEL NERO, Fragile: tra infermeria e campo d’allenamento di Formello. Ballardini lo ha trasformato in esterno basso, Reja ha proseguito l’esperimento con alterni risultati, ma solo fino a quando si è affidato al 3-5-2. Tra febbraio e maggio ha rappresentanto la prima alternativa a Kolarov, poi con il ritorno in pianta stabile alla difesa a quattro si è dovuto accontentare di collezionare una quantità infinita di presenze in tribuna. Terzino o centrocampista, l’ex Brescia non è mai riuscito a decollare, negli ultimi mesi lo ricordiamo soprattutto per il deludente scorcio di gara concessagli a Torino, dove è subentrato a Zàrate con il compito di dar man forte al giovane Cavanda. Almeno queste erano le indicazioni di Reja. Un approccio sbagliato alla partita ha dato ancor più linfa vitale a Milos Krasic. Voto 5.

FABIO FIRMANI, Eroe decaduto: un gol scelto dal cielo, contro il Parma, qualche anno fa dopo la morte di Sandri e tante altre battaglie, solo per la maglia biancoceleste. Firmani è il beniamino indiscusso del popolo laziale, nonostante non abbia il talento di Zàrate e Hernanes. Anche se prevalentemente dalla panchina ha lottato fino allo spasmo insieme a tutti i suoi compagni per evitare lo spauracchio chiamato retrocessione, ad inizio 2010 è spesso sceso in campo da titolare, risultando uno dei migliori tra i biancocelesti. Tutto ciò però non è bastato perché in estate la società l’ha relegato nella lista dei partenti. E’ passato in breve tempo da lottatore di centrocampo a epurato. Negli ultimi mesi del 2010, con grande dolore, ha rescisso il contratto che lo legava alla Lazio e dal 1° gennaio 2011 potrà scegliere una nuova destinazione. Merita la sufficienza per l’ardore col quale si è sempre battuto per questi colori. Voto 6.

PASQUALE FOGGIA, Disagio: la sensazione è sempre quella, che il modulo non sia ritagliato a seconda delle sue esigenze e che quando ha l’occasione di mettersi in luce mostri tutto il suo lato fumoso. Nonostante questo e nonostante Radiomercato lo dia sempre in partenza, non fa polemica e non crea divisioni. Sostituito due volte su due in quelle rare occasioni in cui è partito titolare quest’anno. Quando può, con il suo dinamismo crea difficoltà agli avversari: vince l’Oscar della sfortuna per i due legni colpiti in sequenza nelle partite con Roma (sullo 0-1) e Cesena (sullo 0-0), che avrebbero potuto dare alla Lazio almeno 2 punti in più prima di Natale. Gli episodi sfortunati fanno il paio con gli occhiali di Reja a Milano: fato avverso. Ma Pasquale non molla, e l’obiettivo per il 2011 sarà quello di ritrovare gioco, minuti e gol (non segna dal 2 dicembre 2009, gol dell’1-1 a Salisburgo). Voto 5.

ALVARO GONZALEZ, Soldatino indisciplinato: così e così in campionato, sugli scudi in Coppa Italia contro Portogruaro ed AlbinoLeffe ma i 33 minuti disputati in serie A ed una prima parte di 2010 con zero presenze parlano da sè. Giunto nella Capitale con un curriculum di tutto rispetto (ha giocato nel Nacional Montevideo e nel Boca Juniors, disputando anche una finale del Mondiale per Club non sfigurando davanti a Pirlo e Kakà), il Tata sembra ancora non aver convinto mister Reja nonostante il suo dinamismo, la sua corsa e la sua propensione al sacrificio. In allenamento è sempre uno dei più propositivi, ma il tecnico goriziano ha preferito non affidarsi ancora completamente a lui, visto anche l’eccezionale momento di forma che Cristian Brocchi sta vivendo. Dopo l’esclusione dal Mondiale sudafricano, Oscar Tabarez ha deciso di regalargli per l’ennesima volta la maglia della Celeste. Nell’ultima gara dell’anno solare si rende protagonista di un gesto di stizza, che potrebbe avere strascichi nel corso della stagione.  Voto 5

HERNANES, L’uomo della svolta: nell’immaginario collettivo biancoceleste rappresenta il ponte simbolico tra la fragile ed impaurita squadra della scorsa stagione e quella ambiziosa e talentuosa di oggi. Con il suo sbarco nella Capitale, il mondo Lazio ha ripreso finalmente la tonalità dei momenti migliori, ha messo in un cantuccio il solito karma iettatorio, ha sciolto le catene del pessimismo, aprendo le porte ad una genuina, ed al tempo stesso fragorosa, creatività. Un pizzico di spavalderia è tornata a saporire la ribalta dei biancocelesti che intorno al suo numero 8 hanno costruito le fortune di un inizio di stagione da incorniciare. Gli sono bastati quattro mesi di campionato per incidere sensibilmente sulle sorti della Lazio e per dare un assaggio del suo sconfinato repertorio, fatto di rifiniture ficcanti, giochi di prestigio, intuizioni geniali e prodezze isolate in grado di spaccare le partite. E’ il fuoriclasse dalla spiccata personalità (ed umiltà) che sta prendendo per mano la Lazio fino ad arrivare in alta quota. In fondo per analizzare il suo 2010 basterebbe dare una veloce sfogliata ai numeri: 60 incontri giocati, 15 reti (10 nel San Paolo e 5 nella Lazio di cui è il cannoniere principe con Floccari), 13 assist (tre con la maglia biancoceleste, compreso il gol di Kozak propiziato a Firenze). Voto 8.

THOMAS HITZLSPERGER, Impalpabile: arriva accompagnato dalle fanfare dei vari quotidiani tedeschi. Esecuzione a muro per lui, politicamente schierato, che va a giocare con “la squadra dei fascisti”. Sul campo ci si aspetta tanto da Hitz, quantomeno in termini di verticalizzazioni. Tocca il nadir quando entra ed esce durante la partita con il Bari (“una situazione particolare” gli spiegherà Reja), segna perfino un gol all’ultima giornata contro l’Udinese. Poi scompare e va al West Ham, non prima di aver tessuto le lodi dello spogliatoio e di aver ringraziato tutti per l’esperienza. Nel complesso, almeno educato. Voto 5

CRISTIAN LEDESMA, Linfa vitale: dall’inferno al paradiso, passando per l’azzurro della nazionale. E’ la favola tormentata con un lieto fine inaspettato quella del leader silenzioso di casa Lazio, la cui rinascita ha una data ed un luogo ben precisi: Parma, 14 febbraio 2010. Dopo un lungo esilio caratterizzato da beghe legali e strazianti polemiche, è tornato a gettare anima e corpo nella sua Lazio, sposandone la svolta targata Reja e contribuendo sostanzialmente alla scalata. Il suo legame alla Lazio è andato oltre il tanto agognato rinnovo contrattuale arrivato in un pomeriggio estivo di montagna: è stato animato da una dedizione totale, non gridata, ma gettata quotidianamente sul terreno di gioco. A San Valentino, Ledesma e la Lazio si sono riscoperti innamorati e da quel giorno un muro, impreziosito da sapienza tattica e lucidità, sono tornati a proteggerne le sorti. La sua personalità è risultata essenziale per scacciare gli incubi della retrocessione prima e per far lievitare le ambizioni europee dopo; le sue geometrie, alternate con quelle di Matuzalem, hanno reso il centrocampo biancoceleste tra i più competitivi ed affidabili di tutto il panorama nazionale. Nell’attuale stagione, con 17 presenze, di cui 4 da subentrante, è tra i “sempre presenti” dello scacchiere di Reja. Voto 7.

FRANCELINO MATUZALEM, Mai domo: le chiavi originali del centrocampo appartengono a lui, i compagni possiedono le copie. Qualità, geometria, cattiveria agonistica, il tutto in un ragazzo che in maglia biancoceleste non ha mai potuto esprimersi al top della condizione fisica. Forse la pensa così anche Reja, il quale ha sempre elogiato il talento del brasiliano, tanto da preferirlo nelle ultime battute al compagno di reparto Ledesma. A guastare il 2010 di Matuzalem, oltre ai consueti problemi di natura muscolare, è stato il grave infortunio rimediato lo scorso marzo contro il Bari. La frattura del malleolo gli è valsa la fine anticipata di una stagione già maledetta per l’intera società capitolina. Il “Professore” però non si è mai arreso, ha continuato a lavorare con l’obiettivo di tornare più forte di prima. Dopo l’ultimo ritiro di Auronzo di Cadore, Matu è riuscito a tornare a buoni livelli fisici e se la Lazio attuale occupa la seconda posizione in classifica, è anche merito suo. Da fine agosto ad oggi vanta 11 presenze in campionato ed una in Coppa Italia. Con un inizio 2010 colpito dalla sfortuna ma terminato col piede giusto, a rigor di logica il 2011 può essere l’anno in cui Francelino riuscirà a prendersi definitivamente la Lazio. Voto 6,5.

STEFANO MAURI, Rinato: si incarta malamente a Udine fallendo un gol da tre punti, fa irritare i tifosi laziali, i segnali positivi (come il gol a Torino con la Juve) sono sporadici. Alla prima giornata della nuova stagione, contro la Sampdoria, rimane in panchina a guardare. Il suo agente fa coming-out e Stefano sembra beneficiarne, tanto che con il Bologna gioca anche con la testa fasciata e non si guarda più indietro. Segna (3 gol) e fa segnare (7 assist anche se 3 sono involontari) con una continuità impressionante, raggiungendo la spaventosa media voto di 6,60: in serie A, meglio di lui, solamente Eto’o, Lavezzi, Krasic e Viviano. Riconquista anche la nazionale maggiore dove aveva giocato solo in amichevole. Contro l’Irlanda del Nord a Belfast è il migliore. A Genova, solo le torce degli ultras serbi possono fermarlo. Voto 7

MOURAD MEGHNI, Calvario infinito: nonostante il fastidio che da tempo lo affliggeva, a gennaio decise di disputare comunque la Coppa d’Africa con la maglia dell’Algeria. La scelta si rivelò disastrosa: sia perchè il fastidio si trasformò in dolore e ciò non gli consentì di partecipare al Mondiale sia soprattutto per il prosieguo della sua carriera con la maglia della Lazio (tuttora è ai box). Il suo 2010 in maglia biancoceleste non è mai iniziato. Voto N.G.

RICCARDO PERPETUINI, Baby in rampa di lancio: dopo l’esordio in Europa League sotto la guida di Ballardini ed i sei mesi vissuti a Crotone con più ombre che luci, il baby di Cisterna di Latina è tornato alla base con una voglia matta di imporsi nel calcio che conta. In estate, Reja lo ha portato con sé sia ad Auronzo che a Fiuggi, lo ha testato con continuità, è rimasto sorpreso dal carattere e dalla disciplina di Riccardo, lo ha cercato di preparare al meglio per una nuova avventura nella serie cadetta. Il passaggio alla Triestina sfumato per le esigenti richieste della Lazio e l’abbondanza nel reparto nevralgico della prima squadra, lo hanno “relegato” a ruolo di comprimario in Primavera. Sei mesi vissuti da leader (con tanto di gol alla Roma nel derby con conseguente bacio dell’aquila sul petto) tra i piccoli di Bollini prima di partire alla volta di Foggia. In bocca al lupo Ricky, con Zeman ci sarà da sudare! Voto N.G.

ATTACCANTI:

JULIO CRUZ, Meteora: approdato alla Lazio a costo zero, “El Jardinero” attraversa l’orbita biancoceleste vestendo i panni di una vera e propria meteora. Dopo un buon avvio nella prima parte di stagione, gli innumerevoli acciacchi fisici lo costringono, il più delle volte, al ruolo di spettatore fino alla fine del campionato. Nel girone di ritorno riesce a timbrare una sola volta il cartellino: a nove giornate dal termine torna al gol nella partita casalinga vinta 2-0 contro il Siena. Il suo rapporto con la Lazio si chiude la scorsa estate quando decide, all’età di 36 anni, di rescindere il contratto e appendere definitivamente gli scarpini al chiodo. Voto 4,5.

SERGIO FLOCCARI, Perno: esordisce subito con una doppietta al Livorno, un gol al Palermo in Coppa e pure un’inzuccata a Udine. Un biglietto da visita impressionante: 4 gol in 3 gare, “segno di piede, di testa, di rapina, di tutto: posso entrare?” Certo, Sergio, accomodati pure! Il giocatore giusto al posto giusto: lotta, corre, sgomita e si abbassa sempre per prendere palla ed aiutare i compagni. Con il doppio passo di Cagliari incanta le platee, saluta Nicotera e rilancia la Lazio. Pesa come un macigno il rigore del derby, ma riesce a scrollarsi di dosso tutta la negatività di quel momento e 7 giorni dopo, puntuale, timbra il cartellino a Genova contro la sua ex squadra. Riparte alla grande in questa stagione, tanto che non sembra aver staccato mai la spina per la continuità. Convocato per la prima volta in nazionale da Prandelli al posto dell’infortunato Gilardino (ma non scenderà in campo). Nel 2011 un gol (su rigore o meno non ha importanza) alla Roma non guasterebbe. Voto 7,5

SIMONE INZAGHI, Storico e lungimirante: sul campo ci rinuncia, ma fuori sceglie di legarsi ancora alla Lazio. Simone Inzaghi gioca appena 19 minuti a Bergamo con l’Atalanta nel 2010. Tanto basta per fargli capire che ormai il campo non è più cosa per lui. La delusione per Simone e i suoi estimatori era iniziata già a settembre 2009, quando la Lazio non aveva ritenuto opportuno inserirlo nella lista Uefa. Ci rimase male, ma seppe ripartire con coraggio. Alla fine della scorsa stagione, anticipa la rescissione del contratto da giocatore e comincia una nuova avventura, da allenatore con gli Allievi Regionali. A lui, ultimo testimone oculare della Lazio scudettata, massimo realizzatore nelle coppe europee (20) e decimo marcatore di sempre (55) vanno i nostri migliori auguri. Merita la sufficienza se non altro per essersi legato a Roma e alla Lazio a tempo indeterminato. Voto 6

LIBOR KOZAK, Diamante grezzo: lo spilungone ceco ne ha fatta di strada. Arrivato a Roma con credenziali piuttosto interessanti (a soli 19 anni, 26 presenze e 12 reti con la maglia della prima squadra dell’Opava) ma senza destare particolari sussulti, è andato a farsi le ossa con la maglia del Brescia nel campionato cadetto, risultando determinante ai fini della promozione delle Rondinelle (24 gettoni e 4 reti) e vivendo un esaltante inizio di 2010. Tornato alla base, ha trascorso un’estate sempre e comunque in bilico, con i nomi di Almeida e Santa Cruz, pronti a scalzarlo dal ruolo di quarta punta. Il gigante di Brumov-Bylnice, però, non si è dato per vinto, ha lavorato sodo, ha sgomitato e segnato gol a grappoli durante il ritiro estivo prima e di Fiuggi poi, guadagnandosi a pieni voti la stima di Reja e il suo placet per la permanenza a Roma. A metà ottobre ha siglato il nuovo contratto che lo legherà alla Lazio fino al giugno del 2015 ed ogni volta che è stato chiamato in causa, ha sempre risposto presente. Contro il Bologna si è procurato un calcio di rigore, con la Fiorentina ha deciso il match con una zampata vincente, nell’ultima gara del 2010 ha indotto Zapata all’autorete decisiva nel 3-2 finale, ha timbrato il cartellino nel derby Primavera e, dulcis in fundo, ha messo a segno un’importante rete alla sua prima convocazione nella Nazionale Under 21 ceca. Reja lo considera ancora troppo grezzo e, con l’imminente approdo di Santa Cruz nella Capitale, Libor andrà nuovamente a fare esperienza. Voto 6,5

STEPHEN MAKINWA, “Fardello” di mercato: di palpabile nella sua travagliata e deludente esperienza biancoceleste, iniziata nel 2006, c’è solo la sua inesorabile involuzione. I continui guai fisici e gli evidenti limiti di natura caratteriale sono solo due dei motivi che l’hanno spedito nel dimenticatoio. Il suo nome ha tenuto banco esclusivamente in sede di mercato: “Finalmente”, hanno esclamato i tifosi biancocelesti alla notizia del suo passaggio (in prestito) al Larissa. Un’operazione che ha permesso alla Lazio di liberare una preziosa casella sul fronte extra-comunitari, riempita pochi mesi più tardi dall’arrivo di Hernanes. Almeno in una circostanza è risultato decisivo. Voto 3.

TOMMASO ROCCHI, Barcollo ma non mollo: è stato un 2010 a due facce quello del capitano. Provvidenziale da febbraio a maggio, quando Reja gli ha messo sulle spalle la Lazio, cancellando con un colpo di spugna l’accanimento targato Ballardini; relegato a riserva di lusso nella seconda fase, quella del rilancio, nella quale ha patito la rinascita di Zàrate. Nel bene e nel male, Tommy-gol c’è sempre stato e continuerà ad esserci malgrado da settembre ad oggi sia stato utilizzato con il contagocce. Solo 4 apparizioni con la maglia da titolare, nella quali è stato sempre sostituito, 9 spezzoni di gara ed una sola rete, siglata in bello stile contro il Bologna. In cuor suo si è sentito scaricato sul più bello, proprio quando la Lazio è uscita dal tunnel, ma l’orgoglioso attaccamento alla causa, la prospettiva di entrare nella storia dei marcatori laziali di tutti i tempi (quota 100 dista 6 reti) e la volontà di non turbare il felice momento della squadra di Reja gli hanno consigliato pazienza. Riprendersi la Lazio, scalare le gerarchie tecniche, gettare sul terreno di gioco la sana rabbia repressa, è l’obiettivo del suo 2011. Voto 6.

MAURO ZARATE, Croce e delizia: Prima parte di 2010 da 4,5, seconda da 7,5. Viene subito ai ferri corti con Ballardini che spesso lo accusa di individualismo e protagonismo. La Lazio annaspa e Maurito, memore delle prodezze della stagione precedente, cerca di caricarsi la squadra biancoceleste sulle spalle: i risultati sono pessimi. Il volto felice di un tempo si trasforma in un cupo e triste sguardo, completamente abbandonato a sè stesso. Testardo e a tratti anche immaturo, continua ad incaponirsi in giocate fini a sè stesse e per nulla produttive. Il 6 gennaio il culmine dello scontro: contro il Livorno è uno dei migliori, ma ciò non basta per evitare l’ennesimo attacco da parte del Balla. Entrato nel vortice, Mauro non ne esce e più e sotto la guida di Reja spesso è costretto ad accomodarsi in panchina: all’esordio del tecnico a Parma va anche in rete. Sembra poter essere il momento della svolta, è solamente l’ultimo dei tre gol realizzati dall’argentino nella stagione passata. Ora è un altro. Zio Edy lo segue in maniera quasi ossessiva, gli chiede maggiore concretezza sotto porta, lo vuole completamente al servizio della squadra. Lui, stavolta, risponde presente. Si mette sotto senza fiatare, concentrandosi sui dettami tattici dell’allenatore, reinventandosi all’occorrenza sia ala che trequartista, mettendo da parte i personalismi. A tratti è imprendibile: segna un gol da antologia contro l’Inter, regala altre tre perle contro Chievo, Napoli e Juventus, si concede il lusso di un’elegante “rabona”. Lo pronunciamo a bassa voce, ma El Pibe de Haedo sembra essere davvero tornato sui suoi livelli. Voto 6,5

[Zappulla, Baldini, Farcomeni, Mancini e Spadoni – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]