Samp: adesso salviamoci, poi sarà il momento per scuse e spiegazioni

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Punti preziosi da strappare con i denti, conquistare ossigeno con il cuore e il sudore, fare tabelle per non rischiare grosso. È la sofferente esistenza di chi deve salvarsi, di coloro che non vogliono precipitare all’inferno, di chi vuole fare suo ogni piccolo tassello per completare un mosaico sulla carta scontato, ma sul campo diventata un’opera imprevedibile, contraddistinta da elementi smarriti per strada e raramente recuperabili sul mercato.

La vittoria contro il Bologna, conquistata con molta più scioltezza rispetto ai timori della vigilia, aveva forse illuso qualche immancabile e irriducibile ottimista, pensando di aver trovato, con un ritardo incalcolabile, la vera Sampdoria. La bruciante sconfitta nel derby, peraltro inaccettabile per come è scaturita e lo sbagliato approccio alla sfida, ha riportato anche i sognatori con i piedi per terra. Mancavano 10 punti per salvare la baracca, ora ne servono 9. Ieri ero a Firenze. Come recentemente sostenuto da Gianluca Pagliuca proprio sulle pagine di Sampdorianews.net, sembra essere ritornati indietro di un decennio.

Esiste però una grossa e indiscutibile differenza. Quando nel 2002 eravamo precipitati nella disperazione, i pericoli erano gravissimi e dietro l’angolo, con la serie C1 ad un passo e la società sull’orlo del fallimento, in questo momento invece la Sampdoria ha il bilancio come assoluta priorità, è una realtà solida e una stagione al di sotto delle attese nel post qualificazione ai preliminari di Champions è ormai tradizione nel calcio nostrano, insegnano i casi di Chievo, Lazio e Udinese. Comunque vada in Europa, le carenze mentali e di organico si ripercuotono negativamente sul campionato nel caso in cui si stia parlando di una realtà non di altissimo livello, purtroppo non più abituata a certi scenari.

Dall’altra parte è però giusto sottolineare l’altra parte della medaglia. Se si parte con programmi chiari fin dall’inizio, anche se ridimensionati, ci si prepara ad una stagione di sofferenza, soprattutto se dovuta ad evidenti difficoltà di ogni sorta, che, durante il cammino, si possono trasformare da schegge impazzite ai propri punti di forza sui quali trovare nuovi stimoli, lottare con gli attributi contro tutto e tutti, trovare dentro se stessi delle energie apparentemente assenti, l’esempio attuale del Bologna insegna. Nel nostro caso invece il giocattolo è stato rotto strada facendo, sostituendo in maniera deficitaria o non trovando proprio alternative all’accoppiata Cassano&Pazzini, “semplicemente” il tandem della Nazionale, compiendo operazioni incomprensibili, non condivisibili che hanno contribuito a rendere una squadra partita con mire di Champions, ma capace di fallire ogni traguardo, in una compagine costretta a contare i punti che la tengono distante dalla terz’ultima.

Molto spesso si ha la sensazione che se ci si permette di criticare una stagione oppure un’operazione, anche se sempre in maniera civile, pacata e costruttiva come il nostro ambiente ci ha tradizionalmente abituato, si finisca per essere visti come irriconoscenti, destabilizzatori, gufi. Invece tutti i diretti protagonisti, nessuno escluso, dovrebbero ripartire con umiltà, senso di responsabilità e chiarezza, ammettendo e imparando dai propri errori, scusandosi con chi non abbandona mai la Sampdoria e definendo in maniera chiara i programmi presenti e futuri. In qualsiasi altra piazza la società, il direttore sportivo, l’allenatore e i giocatori sarebbero stati non soltanto contestati in maniera pesante, ma alcuni di loro sarebbero stati cambiati durante la stagione, da noi la situazione non è mai degenerata a livello di tifoseria, dimostrando la nostra maturità e civiltà, elementi da sempre sotto gli occhi di tutti, anche se nulla toglie al fatto che qualche cambio avrebbe dovuto essere scontato nello staff tecnico e dirigenziale.

Ciò però non toglie che non sia consentito poter manifestare il proprio disappunto con sonori fischi ogni qualvolta si sia costretti ad assistere a spettacoli indecorosi, ad esempio con Cagliari e Genoa. Chi li subisce si risente e si rischia di dare segni di permalosità e immunità, chi non li condivide sugli spalti contesta i fischiatori. Durante l’arco della partita bisogna sempre incitare la squadra a squarcia gola, a prescindere da cosa stia succedendo in campo, con passione, fede e voglia di non mollare mai, è questa la vera essenza dello “Stile Sampdoria”, ma, dopo il triplice fischio finale, chi vuole fischia, è giusto che lo faccia, non si diventa tifosi della sponda opposta, non si è necessariamente irriconoscenti. Se chi fischia non è imborghesito, non è un semplice simpatizzante, ma un vero tifoso, è una persona che si sente tradita, delusa, disorientata da una situazione che, per certi versi, ha dell’incredibile per come siamo riusciti a complicarci la vita.

Il buon genitore non sempre chiude un occhio, finge di non vedere nulla, glissa e continua a viziare il proprio figlio, ma è colui che lo riprende, talvolta alza la voce e lo mette in castigo, non lo fa per essere un dittatore, ma “soltanto” per trasmettere i giusti insegnamenti, lo fa per il suo bene. Fare il bene della Sampdoria non significa sempre mantenere il presunto “Stile Sampdoria”, dare sempre ragione, condividere le scelte altrui, prendere le difese di chi lavora per noi o di chi scende in campo, non porta a nulla, soprattutto nelle difficoltà. Per uscire da questa situazione e imparare dagli errori commessi è giusto stimolare, sollecitare, pretendere il giusto impegno, evidenziare un complesso di cose che non vanno giù. Lo striscione appeso in settimana a Bogliasco era la giusta sintesi di come vada vissuto tale periodo, da vigili e attenti osservatori, è la strada giusta. Differenziarsi un po’ può starci, ma se ci si vuole contraddistinguere a prescindere, si rischia di subire l’effetto opposto.

Già, sembra essere tornati indietro di un decennio. Ieri contro una Fiorentina irriconoscibile e spaesata, è arrivato un punto preziosissimo per avvicinarsi alla tanto agognata quota 40 punti, apparentemente non un obiettivo per il quale dover fare tabelle dopo aver raccolto 26 punti all’andata, ma lo è diventato perché nel frattempo è cambiato tutto, troppo, di tutto e di più. Con tutti i limiti dell’avversario, la Samp ieri ha dimostrato almeno carattere, voglia, compattezza e tanta umiltà, arma indispensabile per non sprofondare. Cesena, Lecce, Brescia e Parma in casa, Catania, Bari e Chievo in trasferta.

Al di là di tutti gli altri impegni, sulla carta molto più ostici, sono questi gli scontri diretti da non sbagliare. È facile e, al tempo stesso, complicato conquistare quei 9 punti per assenza di gioco, attacco spuntato e indebolimento della rosa, ma abbiamo tutti i mezzi per riuscirci, con il Ferraris che deve tornare l’antico fortino. Una volta raggiunto l’obiettivo, allora si spera scoccherà l’ora per scuse, spiegazioni e presentazione dei programmi. Almeno questo è un nostro diritto.

[Diego Anelli – Fonte: www.sampdorianews.net]