Torino: a Bologna per puntare all’intera posta

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Le scuole di pensiero sono due, chiaramente accomunate dall’unica idea che il Toro deve restare in serie A e che qualunque cosa si faccia di qui al diciannove maggio deve essere finalizzata a questo obiettivo, la scuola dei più prudenti si affida al “meglio accaparrare qualche punto piuttosto che correre il rischio di perdere”, tanto la salvezza è a un passo e forse basteranno anche meno di quaranta punti per raggiungere l’obiettivo, mentre la scuola dei puristi sostiene che in campo si deve andare con la volontà di infilzare l’avversario e solo puntando alla vittoria si ottiene ciò che si desidera. Entrambe le strategie alla fine portano a raggiungere quanto si era programmato a inizio stagione, ma è la mentalità nell’ottenere lo scopo che è profondamente differente: la prima è quella dell’accontentarsi scegliendo il male minore, la seconda è quella tipica da Toro dove prevale la passione.

Anni di mediocrità e di grandi delusioni hanno portato buona parte dei tifosi ad accantonare l’essenza granata che li distingueva da tutti gli altri: l’essere sanguigni, il voler sempre vedere lottare i giocatori dal primo all’ultimo secondo della partita, il non accontentarsi mai. Queste caratteristiche non sono sparite, ma vengono esternate sempre meno, la maggior parte dei tifosi spesso neppure più va allo stadio perché non si riconosce appieno in quello che vede, sono sempre tifosi perché non si abdica dall’essere granata, ma preferiscono stare lontani in attesa che un giorno forse arrivino tempi migliori. Nella partita con il Napoli a tratti si sentivano più i cori dei partenopei, numerosi in molti settori dello stadio, di quelli granata e questo non perché nel finale il Torino stava perdendo, ma perché buona parte dei presenti non erano tifosi del Toro bensì del Napoli. L’avere lo stadio abbastanza pieno fa piacere alla società che incassa comunque dei bei soldini a prescindere che siano dei propri tifosi o di quelli avversari, ma il fatto che tanta gente del Toro non segua più assiduamente la squadra (8539 la quota abbonati con il Napoli la dice lunga e non è solo causa della grave crisi economica in cui versa il paese) limitandosi a tifare da lontano deve far riflettere.

Ventura al suo arrivo a Torino disse che oltre a riportare la squadra alla dimensione che le competeva voleva ridare ai tifosi l’orgoglio di essere granata, questi obiettivi poco alla volta li sta raggiungendo i risultati sono dalla sua, ma la strada soprattutto quella di far identificare il tifoso con i valori che da sempre caratterizzano chi è granata è lunga e impervia. Per questo sentire che ci sono dei tifosi che si accontenterebbero di un pareggio con il Bologna fa male e inorridisce. Non è nella natura del tifoso del Toro sperare che la sua squadra racimoli un punticino con un avversario che è alla portata, questa è una mentalità più che comprensibile perché frutto di anni di mediocrità, ma che va estirpata e sono i giocatori i soli che possono sradicare questo accontentarsi del meno peggio, per farlo però devono andare in campo con la voglia feroce di conquistare i tre punti senza neppure pensare che è meglio tornare a casa con il punticino che sicuramente avvicina alla salvezza, ma che non è da Toro.

[Elena Rossin – Fonte: www.torinogranata.it]