Tra spezzatini e rinvii: il mal tempo paralizza anche il calcio

247

CATANIA Una settimana di neve e si rivoluziona il calendario, si perde il conto delle gare rinviate e il Catania con quella di Cesena arriva a due gare e mezza da recuperare. Il numero è comunque destinato a salire nei prossimi giorni, in un fine settimana che ha talmente preoccupato i club da spingerli a richiedere con giorni di anticipo di differire alcune gare. È il caso di Milan-Napoli in occasione della quale, anzi in previsione della quale, il club di Via Turati ha fatto richiesta di rinvio attraverso le pagine del suo sito ufficiale. Potenza del meteo che dai tempi di Giuliacci al Tg5 di strada pare ne abbia fatta, passando da previsioni a vere e proprie profezie considerato il risicatissimo errore riscontrabile perfino sui centimetri di neve che cadrà.

Potenza della meteorologia si, ma anche e soprattutto imbarazzante stato degli impianti in Italia. Il nostro paese continua ad essere bocciato ad ogni candidatura ad ospitare manifestazioni internazionali di calcio, ma regge ancora la teoria del complotto purtroppo. Il calcio è la quinta industria in Italia per fatturato, numero questo in contrasto evidente con l’attenzione che le istituzioni gli dedicano. Inutile ricordare che il clima in Italia resta temperato pur nei pochi giorni di gelo dell’anno e che in molti altri paesi si sostengono condizioni ambientali più dure e prolungate. La risposta alla questione resta una sola: quella politica. La decisione immediata di sbloccare la normativa sugli stadi. Non vogliamo e non possiamo entrare nel merito in questo spazio, ma è evidente che sia l’unico modo per non ritrovarsi qui ogni anno a fare gli stessi stucchevoli discorsi. La risposta è stata invece un’altra, più che una cura un antidolorifico: si giocano tutte alle 15.

Sfrutta un pò il finto problema del freddo e un po’ il populismo di chi vuole un ritorno vintage al calcio tutto in contemporanea. L’agibilità non segue il termometro, e le vie d’accesso non si intasano col calar del sole. Così come non si scoprono gli spalti solo all’imbrunire e la neve, quando c’è, non soffre particolarmente di fotosensibilità. Settanta centimetri di neve non li porta via un timido sole, quando c’è, di Febbraio. Quanto alla nostalgia dei tempi che furono, migliori per definizione, è ora di sdoganarla. La nostalgia a volte “è un modo di ripescare il passato dal dimenticatoio, ripulirlo, passare la vernice sulle parti più brutte e riciclarlo per più di quel che valga”.

Le televisioni che fa comodo a tutti demonizzare pagano la giostra signori. Più dell’80% dei proventi di ogni squadra vengono da quello. Il Catania su un fatturato che ormai supererà ma non di molto i 30 milioni di euro ben 26 li alloca alla voce “Diritti Tv”, mentre ai tempi d’oro dei record di affluenza allo stadio alla casella “Abbonati” scriveva 6 milioni. Conta di più chi paga di più? No di certo, ma realizziamo per un solo istante che chi paga così tanto può volere tutto meno che un decadimento dello spettacolo. Può mai essere un vantaggio il rinvio di un programma del sabato sera ad un martedì pomeriggio per una emittente? Non è solo uno svantaggio, è un disastro, perché spiegare agli sponsor lo “spread” di audience non è solo difficile, è inutile. L’audience conta, l’audience paga e fa pagare. E chi sarebbe questa audience, queste presenza spettrale che rovinerebbe il calcio confezionato come piace a tutti? Beh, come dentro un thriller psicologico l’audience è proprio lo stesso “ tutti”! Colpo di scena, disturbo bipolare, il protagonista buono è pure il colpevole. Ora, siamo tutti shockati che l’assassino non sia il maggiordomo, lo capisco, ma qui non ci sono né maggiordomi e né assassini. Il mercato offre ciò che il mercato chiede, e se si spalmano le gare in quattro o cinque fasce è perché la gente, il tutti nella sua maggioranza, le guarda e paga per farlo. Questo tiene in piedi il circo!

Il peccato originale, la corruzione morale del calcio con l’ingresso dei grandi soldi, o peggio ancora “lo spezzatino” sono sulla bocca di tutti, mentre le dozzine di partite che molteplici confessioni hanno dimostrato truccate non hanno fatto tremar il palco come è normale che fosse, la recita piace troppo. La colpa è dell’occhio elettronico però, perché forse per qualcuno “Lor signori che vogliano farsi prendere in giro sono pregati di presentarsi in loco, quella è la fila e non facciamo i furbi”.

Ha un non so ché di familiare, questa del calcio tutto la domenica alle tre somiglia tanto ad un’altra delle nostalgie: quella del CND, dei campi polverosi e delle trasferte da ostentare come medaglie, non si fa mica niente per niente. “Io c’ero” è ciò che conta, ma mica solo per la mia passione o per la mia squadra, anche per poterlo andare a dire in giro, guardando dall’alto con disprezzo pure chi in quegli anni era poco più di un bambino. Conformarsi a questo stereotipo si può, e augurarsi come molti di questo tipo di veterani che il Catania torni in serie D. Molto più sensato però focalizzarsi sul problema città, più esteso di quello stadio, a monte di un blocco visto che si parla sempre più di vie d’accesso e di fuga alla struttura e un po’ meno di campi impraticabili.

Un campionato che si giochi tutto in contemporanea si può anche preferire, ma non è comunque garanzia di genuinità. Gli stadi sold-out esistono per esempio in Germania e Inghilterra, dove il clima non è certo tropicale. Ora, se è vero come è vero che la pay-tv non sono esclusiva italiana, sarà mica che gli impianti spostano l’ago della bilancia? Non lo so, sarebbe come osare dire che le poltrone al Cinestar si fanno preferire alle sedie in ferro dell’Arena Argentina… de gustibus disputandum non est!

[Daniele Lodini – Fonte: www.mondocatania.com]