Bologna, il punto: la partita, la società, i contratti

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La partita di domenica: indubbiamente non è stata una gran partita e la squadra non ha fornito una gran prestazione. Ci poteva anche stare un calo (del resto la salvezza di fatto è stata già conquistata e la squadra veniva da un lungo periodo sempre sul pezzo), magari alcune scelte fatte nel reparto avanzato non hanno pagato, di fronte c’era anche una squadra particolarmente motivata ma non si può dire che i giocatori non si siano impegnati.

Naturalmente andare sotto di 2 dopo pochi minuti, in un contesto generale come ho descritto prima, toglie un po’ di grinta ma ho letto e sentito giudizi troppo severi che non condivido. E’ mancata un po’ di pericolosità davanti ma come ho raccontato in un articolo precedente  (Gran calcio al Dall’Ara ) questa squadra deve correre sempre molto e tutti gli undici devono fare una buona prestazione ( in particolare quelli davanti per quanto riguarda la pericolosità offensiva ) altrimenti il meccanismo si inceppa da qualche parte. Avevo per l’appunto parlato di “ condanna” a tenere ritmi alti per mantenere un calcio efficace e piacevole.

La società: anche a me ha sorpreso questo dietrofront di Cazzola, una persona che ho conosciuto nella mia avventura di allenatore a Bologna e che ritengo sarebbe stato un ottimo presidente. Dalle dichiarazioni e dai commenti dei giornalisti sembrerebbe che i motivi della rinuncia siano stati 2: uno, la poca autonomia operativa del presidente limitata dal desiderio di condividere le scelte più importanti da parte degli altri soci e due, la possibilità che gli impegni di spesa per il futuro, già presenti in bilancio, siano superiori alle prime previsioni.

Sul primo motivo mi sento di condividere il pensiero di chi dice che per governare bene una squadra e una società di calcio ci vuole una dirigenza snella. Tutti i casi dove c’era molta gente  hanno visto la nascita di problemi e difficoltà che hanno poi portato a separazioni o operazioni di snellimento. Non deve fare testo l’annata di quest’anno a Bologna perché è l’eccezione che conferma la regola. E’ chiaro poi che se si chiede a una persona di prendere il 30 o il 40% ( mentre gli altri hanno il 5% ) senza poter avere certi poteri gestionali ma solo il peso maggiore in un eventuale ripianamento economico questi non ci sta. L’unica soluzione in questa specie di public company è di avere tanti piccoli soci con quote più o meno uguali che nominano un presidente, ma sempre con tutti i poteri gestionali, e dopo un mandato ( per esempio 3 o 4 anni ) se ne riparla. Per quanto riguarda il secondo motivo non mi sento di dire molto perché  con i soldi propri è giusto che uno faccia delle valutazioni che sono personali, certo che su questi impegni di spesa assunti per il futuro sarebbe bene fare chiarezza perché a questo punto qualche interrogativo rimane alla luce anche dell’esperienza Zanetti/Baraldi.

I contratti: trovo che ci sia troppa sollecitazione e pressione da parte dei mass-media per i rinnovi dei contratti di Malesani e Longo. La società deve essere lasciata libera di fare le proprie scelte e le proprie proposte in serenità e senza condizionamenti, secondo i propri programmi, le proprie valutazioni e in relazione alle proprie disponibilità. Ricordo le stesse pressioni fatte per rinnovare i contratti ad Arrigoni, Papadopulo, Colomba  che hanno portato la società a subire queste sollecitazioni e a stipulare contratti onerosi con allenatori poi esonerati dopo poco tempo, segno evidente che non c’era quella convinzione sul valore dei tecnici. Contratti che poi hanno appesantito parecchio il passivo del Bologna. Anche su Mihalovich ci furono forti pressioni ( ricordo di aver letto forse a Febbraio che lo seguiva il Real Madrid e non bisognava farselo scappare?) e solo la crisi dei risultati fermarono un rinnovo sicuramente oneroso e prematuro. Alla prossima, Luca Cecconi.

[Luca Cecconi – Fonte: www.zerocinquantuno.it]