Catania, il punto: la panchina serve sempre …

264

Fa bene. Serve ad osservare quel che vi è attorno da un’altra prospettiva. Guardare dal basso verso l’alto è utile, sempre: a qualcuno per recuperare l’umiltà che viene dal basso, a qualche altro per rifonder il proprio corpo ed il proprio spirito della voglia di ritornare in alto. La panchina insomma, serve, serve sempre. Finora l’aveva adoperata poco, Maran, nonostante una nuova normativa federale gli permettesse d’averla quantitativamente più pingue che mai e, grazie agli esborsi ed alla lungimiranza della società, come mai qualitativamente all’altezza della sfida ai titolari.

L’aveva detto, non fatto Maran, non finora: “Mai come in questa stagione ho davvero difficoltà nello scegliere chi mandare in campo. Di partita in partita chi va in panchina meriterebbe di andar in campo almeno quanto chi parte da titolare. Alla fine posso sceglierne solo undici”.

Il primo fu Alvarez. Sedersi in panchina, dopo prestazioni inguardabili più degli errori che lo sbatterono all’indice di stampa e tifosi, eccome se gli servì! Contro Juventus ed Udinese, l’aver potuto ascoltare da vicino le richieste del mister ai compagni, osservando le loro risposte e gli effetti nella resa globale del gioco è stato propedeutico, contro la Lazio, per una pagella finalmente sufficiente.

Quindi Almiron, volato Cagliari ma solo per ritrovare la voglia di far bene. Ambientarsi può voler dir assuefarsi agli stimoli che la piazza, l’ambiente riesce a dare. Accade anche ai migliori e lui è sempre stato uno di questi, tranne nelle sfide più recenti. Veder giocare gli altri ha contribuito perché contro il Chievo tornasse a dimostrare quel che il pubblico, l’allenatore ed i compagni lo stimolano ad essere: un leader, risolutivo come sempre, contro i gialloblu più che mai.

Infine Barrientos, ai “giorni nostri”. Va in panchina non per far spazio a Castro ma per realizzare, ne avesse avuto di bisogno, o ricordare, se ne ha sempre il bisogno, quanto ogni decisione intesa ingiusta, per sé stessi, vada sempre bilanciata ragionando se possa esser ancor più ingiusta per i propri compagni qualora non vi sia qualcuno che si assuma la responsabilità di prenderla: difficile compito affibbiato all’allenatore.

Applaude il pubblico al suo ingresso in campo. Non è uno scroscio di approvazione, ma è misura delle attese e delle aspettative per un giocatore aspettato tanto, nel passato, e dal quale, e giustamente, nel presente, si attendono colpi di genio, in campo, che riescano a far sembrare davvero un errore il richiamarlo o tenerlo in panchina.

Magari non sarà stato il richiamo a Cagliari la ragione della sua iniziale esclusione contro il Chievo, e magari quel “cinguettio” stonato non è una risposta all’iniziale esclusione contro il Chievo. Chissà, magari.

Magari, però, quei 90′ complessivi di panchina, in queste due gare, non sono stati ancora sufficienti per risuscitar in lui il convincimento di dover dar il massimo nel tempo concesso, sia poco o sia molto, sia dall’inizio sia solo alla fine della partita. E probabilmente, più che magari, non sono riusciti a riportargli alla mente quel che a Catania ha sempre sperimentato ed avuto sotto gli occhi: l’importanza precipua del gruppo dinanzi ad ogni individualità.

La panchina fa bene, l’ha capito Alvarez che alla fine della partita contro il Chievo afferma “Da qualche partita il mio rendimento è in crescita”. L’ha capito Almiron che con la stampa non parla ma che dopo aver segnato corre in panchina a stringere la mano all’allenatore. E Barrientos? “E’ tempo di lasciar questa città e questa gente, purtroppo”.. evidentemente è l’unico a non aver capito questa importante lezione.

Bene, sarà necessario ripeterla, finché non la capisca.. perché è importante la capisca bene. E’ importante perché capisca come rendersi utile al gruppo. Ed a Catania, quello che conta, il gruppo è. Continuiamo a ripeterlo.. se non l’avesse ancora capito, perché finché non capirà ciò non sarà mai davvero  importante ed indispensabile per questo gruppo e non riuscirà mai a farsi una ragione del perché, anche a Palermo giocherà un suo compagno e nessuno rimpiangerà questa scelta.

[Marco Di Mauro – Fonte: www.mondocatania.com]