Cellino: “Il Cagliari lassù? Impossibile dieci anni fa! Merito degli arbitri…”

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È un Massimo Cellino galvanizzato dal buon momento del suo Cagliari, per nulla sgualcito dall’opaco pareggio casalingo contro il Siena. Il presidente rossoblu’ ha parlato in esclusiva ai microfoni di Tuttosport e, come spesso gli accade, non ha risparmiato dichiarazioni al vetriolo, evitando come la morte la banalità.

Poco spazio a rammarico o delusione per il parziale stop di domenica scorsa. La parola d’ordine è volare basso, come cerca di fare dall’inizio della stagione il suo allenatore. “Io so­no contento del pari di domeni­ca – esordisce Cellino – Queste sono partite che è più facile perdere che vincere. Noi avevamo troppa euforia, troppa voglia di imporci e ci siamo complicati la vita. Sa­rebbe bastato, nel finale, un contropiede azzeccato del Sie­na per subire una beffa”.

A chi gli fa notare il buon momento della squadra e una certa compattezza ‘da grande squadra’, il patron risponde con fermezza: “Ma dobbiamo restare umili e mantenere la sordina. Bisogna imparare a gestire l’emotività e l’euforia. In fondo siamo ap­pena alla settima giornata di campionato”.

E’ un campionato a dir poco strano. I cinque risultati ‘a occhiali’ dell’ultima giornata sono emblema di qualcosa di peculiare, e con essi il rendimento balbettante delle favorite. Ad approfittarne sono squadre come il Cagliari. Forti di buon gioco e idee, ma non solo: “Di sicuro questo equilibrio al vertice è anche frutto di una classe arbitrale eccellente – sostiene Cellino – Stanno facendo tutti bene, so­no tutti preparati. E bisogna fare i complimenti a Collina che su questo gruppo ha inve­stito e a Nicchi e Braschi che lo hanno cresciuto. Dieci anni fa una classifica del genere sareb­be stata impensabile”.

Il Cagliari è ormai il primo impegno lavorativo: “Dopo 20 anni di presidenza ho imparato a limitare gli erro­ri con l’esperienza. Nessun pre­sidente della serie A fa come me. Io lavoro duro ogni giorno nella mia società. Anch’io ho un’impresa che fattura parec­chi milioni di euro l’anno, ma ora la seguono i miei fratelli perché ho deciso di dedicarmi a tempo pieno al Cagliari. Ho trasformato il mio hobby in un’azienda vera. Evidentemente ho delle capa­cità, certo. Altri miei colleghi hanno le mie stesse capacità, ma preferiscono non dedicarsi alla società di calcio così come faccio io. Hanno fatto un’altra scelta. Io opero in silenzio e quando posso cerco pure di da­re il mio contributo al calcio italiano, soprattutto in Lega”.

E’ stata l’estate delle scommesse, dei talenti da scoprire in riva al Golfo degli Angeli. Una situazione che aveva provocato parecchi mugugni e qualche critica in sede di pronostici per il campionato che si accingeva a cominciare. Thiago Ribeiro è l’emblema della campagna acquisti: “L’ultimo mio gioiello è Thiago Ribeiro. C’è tutta una storia dietro a questo acquisto. Avevo bisogno di un attaccante che mi desse sicurezza. Prima di lui in attacco c’era solo Nenè come giocatore fatto, gli altri erano giovani. Io Thiago l’ave­vo già visto e seguito, ma era­vamo già a tappo come extra­comunitari. E poi costava tan­to, tra l’altro è stato capocanno­niere in Brasile col Cruzeiro. In estate, pensate un po’, Ficca­denti era in vacanza in Brasi­le e indovinate un po’ chi ave­va notato? Ribeiro. Nel frat­tempo succedono due cose: cambia la normativa sugli ex­tracomunitari; prendo Fic­cadenti per la panchina del Ca­gliari. E quest’ultimo arrivo è stato un segno del Signore. Parlando con il nuovo allenato­re il discorso cade accidental­mente su Ribeiro e Ficcadenti mi dice: presidente lo prenda, è bravissimo, mai avrei sperato di poterlo allenare. Io mi muo­vo e riesco, tramite un prestito con diritto di riscatto a ingag­giarlo, tenendo nascosta l’ope­razione fino all’ultimo. Non è stato facile, ma è andata bene. E sapete cos’è successo quand’è arrivato da noi: Nenè gli ha chiesto l’autografo. perché in brasile Ribeiro è considerato un grande”.

Per ‘El Diablo’ si prospetta una lunga permanenza in Sardegna. “La mia è l’unica squadra dove i giocatori restano almeno 6 anni. Non mi piacciono quelli che ogni stagione cambiano so­cietà. Io posso sbagliare una scelta sotto il profilo tecnico, però mai sotto l’aspetto uma­no. Non me lo posso permette­re. E il mio gruppo, lo garanti­sco, è composto da ragazzi ecce­zionali. Quando ho deciso di puntare su Ibarbo sono anda­to in Colombia, ho voluto par­lare con lui e ho scoperto un ra­gazzo serio, onesto, di chiesa, con sani principi. L’ho preso…”.

In periodo di stanca per il mercato (ma c’è chi lavora sottotraccia), ogni tanta esce fuori la solita voce su Nainggolan. Cellino è fermo, ma non nasconde la possibilità di un addio: “Lo so bene. Molti squadroni speravano fosse un fuoco fatuo. Ora hanno paura che giochi troppo bene. Io resisto. Devo arrangiarmi avendo meno capitali a disposizione di altri club. Non sono Moratti. Io faccio finta che non mi piaccia spendere tanto ma la realtà è che non lo posso fare. Anche a me piacerebbe sborsare 50 mi­lioni per Eto’o, però…».

La preoccupazione, come ormai da anni, è che il Cagliari giochi solo tre quarti di campionato. Cellino confida nella ‘scia di cambiamento’ che, a suo dire, sta avvolgendo la società prima che la squadra. “Stiamo vivendo un momento meraviglioso, frutto di anni di duro lavoro. Già nello scorso campionato ci furono segnali importanti. Io ho mantenuto lo stesso telaio di squadra cam­biando solo la guida. Mai disfa­re un collettivo; se cambi trop­po poi rischi di non sapere più cosa hai in mano. Per esempio: se hai una macchina che va be­ne e cambi motore, sospensio­ni e poi il pilota, quando viag­gia male non riesci a capire i motivi del mal funzionamento. Se invece mantieni la vettura più o meno immutata, se pro­cede malamente basta cam­biare il pilota. Io conosco bene la mia macchina, ecco perché in estate ho cambiato il pilota”.

Con Donadoni il Cagliari sarebbe lassù? “Io devo essere razionale e freddo. Gli errori costano tanto e li pagano tutti: io, i tifosi, l’am­biente. Anch’io per certi versi sono rimasto stupito della mia decisione, ma ho agito in proie­zione futura. L’ex ct azzurro ha più doti buone che negative. Il suo problema è che non ha l’autostima di cui necessita per imporsi ad alti livelli. Lui è un allenatore che vale molto di più di ciò che lui stesso pensa. Purtroppo si circonda di perso­ne che accentuano più i suoi di­fetti che i suoi pregi”.

Ficcadenti ha sbaragliato la concorrenza. Per tanti motivi. Particolare quello per il quale Cellino ha deciso di non puntare su un nome di primo piano come quello di Delio Rossi: “I presupposti per chiamarlo non c’erano e poi lui ambisce a una squadrone. Inoltre mettermi insieme con Delio Rossi sarebbe come acco­stare una fiammella a della ni­troglicerina. Sai che botti…».

Adesso c’è tempo solo per il sudore da versare in nome della crescita costante della creatura che ruba tutto il tempo al presidente. Che conclude: “Mentre i miei colleghi erano al mare, io sudavo al caldo den­tro il mio ufficio. Neanche un giorno di vacanza mi sono pre­so. Sono riuscito a ritirare una barchetta il 4 ottobre, prima non potevo. Ma ora sono soddi­sfatto. Sia io che la squadra meritiamo questo momento. Speriamo duri… all’infinito”.

[Fabio Frongia – Fonte: www.tuttocagliari.net]