Il mattatore del mercato è Marotta, ct dell’Ital-Juve

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Beppe Marotta commissario tecnico della Juve-Nazionale. Non é follia estiva. Seguiteci, poche mosse e si arriva a dama. Chi ama il calcio non può che invidiare il nuovo, educato e colto (anche musicalmente) manager della Juventus. Esistono giochi in proposito: fate finta di essere un dirigente e costruite una squadra dal niente. Budget? Illimitato. Oppure, facciamo, un centinaio di milioni di euro. Ci sono eserciti di giovani che non fanno altro. Se giovani non sono, fa lo stesso.

A Marotta é stato detto: questa é la Juve; non ci piace, ne faccia un’altra. Se ha bisogno di danaro, ci chiami. Un sogno. Un premio alla carriera per Marotta, che ricordiamo giovane e quasi imberbe a Varese, a Venezia, a Monza. Guidava proprio il Monza, allenato allora da Frosio, quando al mercato mi chiese il nome di qualche primavera laziale buono per la serie C. Dissi: Gigi Di Biagio, ha qualità, forza fisica e carattere. Lo prese e davanti a Gigi si aprì una carriera brillantissima.

A quei tempi, Marotta doveva arrangiarsi. E lo faceva bene. Adesso può tutto e non é stato facile per i cronisti seguirlo, studiarlo, leggerne le tracce, capirne la strategia. Come se Marotta in questi suoi primi anni di vita calcistica non avesse fatto altro che incamerare energie da utilizzare in un mese in bianconero. La Juve non si riconosce. Ed é sicuramente migliore di quella precedente. Dove potrà arrivare neppure Marotta lo sa. Quando si cambia e si riparte, il calcio si può trovare subito o strada facendo. Non ci sono regole o certezze.

In avvio di mercato gli mandammo a dire che stava facendo una Sampdoria più forte. Insomma: non bastava per rinnovare fasti e feste. Ha cambiato ritmo e bersagli, pescando pesci più rari e preziosi. E mostrando chiaramente il disegno che aveva in testa: realizzare una squadra possibilmente di italiani. L’opposto dell’Inter, nei confronti della quale la Juve ha appena mostrato, rispondendo, azioni di guerriglia calcistica. Nerazzurri che per nazionalità potrebbero anche essere marziani, bianconeri sicuramente italiani. Con vantaggi evidenti: i calciatori non spariscono per Coppe d’Africa o America; rientrano facilmente dopo le convocazioni in Nazionale; hanno, di solito, un più accentuato senso della squadra. Benissimo dunque. C’è un lieve, impercettibile, però.

Però la Juve, eccoci a dama, sembra la nazionale italiana, a metà tra quella appena eliminata dai mondiali e l’altra che sta mettendo insieme Prandelli. Buffon in porta, Motta terzino, Chiellini e Bonucci centrali, De Ceglie a sinistra (sostituto in bianconero dell’azzurro Molinaro); Pepe, Marchisio, Di Natale e Aquilani (che in Nazionale sarebbe andato, senza infortuni) a centrocampo; Amauri e Iaquinta davanti. Togliete il bianconero, date una mano d’azzurro e ci siamo. Non é un giudizio negativo e neppure un giudizio estetico. E’ solo un’osservazione. E ognuno giudichi come vuole.

Personalmente, visto che ci siamo, avremmo, e ci scusi Marotta, scelto una strada diversa: un grande difensore, un grande centrocampista, un grande attaccante. Tre acquisti ma di sicuro spessore internazionale. Non é facile, ma si può fare: del resto, se l’Inter vende Balotelli e il Liverpool tratta Mascherano, non dobbiamo più porci limiti. Davanti al danaro, evapora il termine “incedibilità”.

[Roberto Renga – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]