Muraro sul Bari: “Con compattezza può puntare alla A”

Carlo Muraro, ex giocatore di squadre come Inter, Ascoli ed udinese, personaggio che dal 1996 ha intrapreso la carriera da allenatore, è intervenuto ai microfoni di Pugliacalcio24.it.

Fra i tanti temi trattati nella sua intervista l’opinionista tv di Sky è stato chiamato in causa anche sul Bari. “C’è tempo, la B è lunghissima. I veri valori vengono fuori alla fine, anche se il Bari ha cambiato molto, quindi qualche difficoltà è normale averla in questo momento. Se riesce a trovare compattezza ed unione con la tifoseria potrebbe avere anche la possibilità di rientrare immediatamente nel discorso promozione“. Questo il quadro fatto sui biancorossi dall’ex ala sinistra dell’Inter campione d’Italia 1979-80.

[Renato Chieppa – Fonte: www.tuttobari.com]

Bentornato Zeman, Insigne e il Napoli ringraziano. La B e i suoi gioielli, siamo in buone mani

Aspettando Cassano, ci divertiamo con Zeman. Perché diciamo la verità: siamo diventati tutti un po’ tifosi del Pescara. L’Adriatico si è riempito come ai tempi di Galeone, la squadra segna tre/quattro gol a partita, è come andare al cinema a vedere un film comico. Sorridi, applaudi, speri che lo spettacolo non finisca più. Così, il boemo è tornato, già a Foggia aveva lanciato segnali di fumo, lo rivorremmo presto in serie A.

Dove vedremo sicuramente Lorenzo Insigne, l’arma letale del Pescara, un gioiellino preso in prestito dal Napoli. Astuto il ds azzurro Bigon: sa che gli attaccanti messi in mano a Zeman esplodono sempre, sa pure che Insigne ha bisogno ancora di maturare (soprattutto nella continuità di rendimento per i 90 minuti) e il ritorno a casa è previsto per l’anno prossimo. Segue ogni sua partita Bigon, alla fine lo chiama o gli manda un messaggio, Insigne si sente considerato, il futuro è adesso. La serie B è laboratorio di talenti, ve ne ho parlato anche qualche editoriale fa, magari servono proprio questi turni infrasettimanali per rendersene conto meglio e metterli in una vetrina più osservata. Io personalmente ho seguito Padova-Livorno e credo che il calcio italiano sia davvero in buone mani: Bardi e Perin, i ragazzi del 92, sono infatti due portieri di sicura prospettiva, Inter (ha metà cartellino) e Genoa lo sanno già, Prandelli (o chi per lui, un domani) se ne accorgerà presto. Il terzo è Leali, l’altro predestinato coi guanti, l’unico davvero sul mercato perché il Brescia ha bisogno di capitalizzare.

Lo vuole la Juve, lo ha trattato il Napoli, ci pensa Guardiola per il Barcellona mentre Spalletti ha mandato un suo osservatore a Grosseto per vederlo una decina di giorni fa, aggiungiamo quindi anche lo Zenit alla lista dei pretendenti. Ho poi visto in tv tutti gli altri gol della B, sono rimasto stupito dalla crescita dirompente di Boakye, quello che Pea (il suo allenatore) ha paragonato a un piccolo Eto’o, quello che il Genoa ha mandato a Sassuolo per fargli prendere la patente di giocatore vero. Talenti e panchine, la B regala sempre emozioni. Sono sincero, sono felice per Gianluca Atzori: avrà commesso anche degli errori in questi primi mesi di Samp, ma non dev’essere stato facile allenare nei due giorni che hanno preceduto il Crotone. La contestazione dei tifosi, la fiducia a tempo della società, la squadra che non reagiva. L’ha fatto al momento giusto, lui poi ci ha messo del suo escludendo persino Palombo, la panchina adesso non si tocca, almeno fino a nuovi scossoni. Il ds Sensibile l’ha difeso come (e più) che ha potuto, aveva deciso di tenerlo indipendentemente dal risultato, sarebbe stata decisiva la prestazione, la risposta sul campo di un gruppo senza molta personalità.

Hanno vinto i giovani (Obiang, Soriano, Foti), è il segreto di questo pazzo campionato. Restando alle panchine e salendo al piano di sopra (in A), è successo e può succedere davvero di tutto. A Cesena, ha vinto Arrigoni dopo i tentativi vani con Ballardini, Marino e De Canio. A Lecce, Di Francesco si giocherà il posto proprio da Arrigoni. A Palermo, Mangia è in discussione e non capisco sinceramente il perché: ha 13 punti, uno in meno del Napoli, cosa pretende Zamparini lo sa soltanto lui. Prima Mangia è il suo Wenger, ringrazia Delio Rossi e Ranieri per avergli detto no, poi lo stesso Mangia non ha esperienza e dovrebbe ascoltare i suoi consigli: continuo a non capire. Anche la smania di mettere continuamente in discussione l’allenatore del Cagliari, chiunque sia. Cellino ormai ne cambia 2 o 3 all’anno, adesso anche Ficcadenti non sarebbe più al sicuro. Eppure poco tempo fa, se avesse vinto contro il Napoli, sarebbe stato in testa da solo al campionato. Di serie A. E’proprio necessario allora dover cambiare sempre e comunque allenatore ? Non lo dico da figlio di chi ha fatto questo mestiere, lo sottolineo perché ormai non basta più solo vincere. E nemmeno divertire: altrimenti non ci saremmo dimenticati così a lungo di Zeman.

[Gianluca Di Marzio – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]

Milan e Juve a braccetto. L’Inter sprofonda, Napoli così non vai avanti

Abbiamo assistito ad un sabato magnifico, con anticipi già determinanti per la corsa scudetto. Il Milan che vince a Roma, la Juve batte l’Inter a Milano, il Napoli che cade a Catania, ma adiamo per ordine. I rossoneri sono tornati quelli della scorsa stagione. Ibrahimovic è un giocatore determinante, uomo capace di fare la differenza con i suoi gol. Lo svedese si è sbloccato nel momento più importante, spazzando via tutti i pettegolezzi che qualche tempo fa cadevano sulla testa di mister scudetto. Ibra (3 gol in 2 giornate di campionato) sta aiutando molto i compagni di squadra ad andare a segno. Infatti prima viene la squadra poi la gloria personale. Sembra essere questa la nuova filosofia di vita di Zlatan, autore di un avvio di stagione “da altruista”.

Infatti sono tanti gli assist che lo svedese ha fornito per i centrocampisti che si inseriscono sotto suggerimento sapiente di Allegri. Il Milan, come ha detto anche Galliani, ha gli stessi punti della scorsa stagione ma questa volta a fargli concorrenza non è più l’Inter, bensì la Juve. I bianconeri sono stati capaci di vincere con Milan e Inter, due big match che negli ultimi anni perdeva spesso, ma pareggia con le piccole. Un vizio da correggere al più presto, perché gli uomini di Conte saranno i protagonisti di questo campionato insieme ai rossoneri. Sarà un bel duello fino alla fine, come non lo si vedeva da anni. Saranno ancora Milan e Juve a fare la parte della lepre, mentre i risultati fino ad ora stanno danneggiando l’Inter. Ranieri anche in tv nel post gara è apparso sereno, ma qualcosa va modificato subito. Perché così come con Gasperini, anche con Ranieri l’Inter sta perdendo terreno per la corsa al titolo. I nerazzurri oltre ad altre soluzioni tattiche deve migliorare anche dal punto di vista fisico.

I big stentano a decollare e i nuovi acquisti la titano, se ci facciamo caso agli undici schierati da Ranieri contro la Juve, sono pochi gli innesti del mercato estivo. Forlan fuori per infortunio, Alvarez in panchina, così come Zarate, Castaignos è entrato a gara in corsa. Tra le squadre in difficoltà, troviamo anche il Napoli. Prima in vantaggio con bomber Cavani, poi rimontata dagli etnei. La vera sorpresa di questo Catania è senza dubbio Vincenzo Montella. L’ex allenatore della Roma aveva un calendario terrificante ed ha conquistato più punti di quanto previsto alla vigilia. Il Napoli deve rivedere qualche meccanismo. Mazzarri ha effettuato un altro turnover, forse ancora una volta massiccio. Il mister toscano voleva preservare alcuni uomini per la Champions, ma di questo passo si perdono punti in campionato. Bisogna ragionare su cosa fare, continuare a vincere in Europa, con l”incognita di uscire agli ottavi, o confermarsi in campionato meglio della passata stagione? Un cenno finale al Torino di Ventura. I granata sotto di un gol sono riusciti a recuperare e superare l’Empoli. Un grande cuore granata che fa capire a tutti che forse è l’anno giusto per il tanto agognato passaggio in serie A.

[Malu’ Mpasinkatu – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]

Conte: è calcio, non lavori forzati. Branca: alla faccia del low cost. Mazzarri, provincialismo ed Europa non sono la stessa cosa

Per chi è cresciuto assistendo all’inesorabilità di Morini, Causio e Anastasi, alla vittoria cucita sulla maglia di Scirea, Tardelli e Cabrini, è difficile capire la juventinità di Antonio Conte. Per i bianconeri storici la vittoria era il naturale sviluppo delle cose, per l’attuale tecnico bianconero è qualcosa di disperato. Eppure lo juventino che conosciamo noi vince sorridendo, non con il sangue agli occhi. Non si può imprecare su una panchina così prestigiosa, con qualche moccolo e con gli occhi rossi, per un gol sbagliato. E non salti fuori il paragone con Mourinho. Il portoghese era un cecchino, il buon Conte talvolta spara a salve. Ogni gesto di Mourinho in panchina era mirato, manette o altre amenità che fossero, l’occhio era lucido, il sopracciglio inarcato.

Ogni gesto doveva provocare un effetto chiaro, netto, preciso. Quello di Conte appare quello che nelle scuole medie viene chiamato “casino”. A Milano, in particolare, visto che il tecnico bianconero deve giocare qui oggi, si dice cunfusion, un rebelot. Dopo Juventus-Fiorentina, l’apice. Al di là dei mancati amici fra i media (caro Conte, scelga di seguire 24 ore su 24 una tv e scoprirà che se il Milan primo in classifica pareggia in trasferta rallenta in maniera preoccupante, mentre se la sua Juventus prima in classifica pareggia a Verona è sempre prima…), è stato il riferimento ai tifosi la vera perla. Non è possibile, dice Conte, che dopo il pareggio della Fiorentina i tifosi dello Juventus Stadium smettano di fare il tifo e facciano come se fossero a teatro. Insomma, lo sappiano i forzati dello stadio bianconero. Per 90 minuti non possono mangiare il popcorn, né dare un bacetto alla fidanzata. Urlare, urlare e ancora urlare. La Juventus si ama e si urla. Una sola pausa dai lavori forzati, l’intervallo, e basta. Ma solo per ricaricare l’ugola. E’ la filosofia della bolgia. Che non va in trasferta (la Juventus ad oggi ha fatto 11 punti in casa e 5 fuori casa) e che come tutte le forzature non ci mette molto tempo a rivelarsi un arma a doppio taglio.

Ipotizzare che Marco Branca, apprezzato responsabile dell’area tecnica dell’Inter, faccia una intervista senza parlare del Milan, è impensabile. Anche se l’intervistatore non glielo chiede, lui il Milan di mezzo ce lo mette, sicuro come poche altre cose della vita. Avrebbe potuto giocarsi la chance di parlare del Club rossonero, come ha fatto sulle colonne del quotidiano “Libero”, ricordando magari le sue stesse ironie riservate ad Adriano Galliani quando l’amministratore delegato del Milan nel 2007 e nel 2008 parlava di bilanci e di contenimento dei costi. Non è stato così, Marco Branca si appropria dei discorsi sull’auto-finanziamento, sul divario fra il calcio italiano e il resto dell’Europa, sul low cost, come se fosse il primo a farli e ad applicarli. Non contento, riserva la sua stilettata agli ingaggi multimilionari e pluriennali di Taiwo e Mexes. La rivalità è una brutta bestia, lo sappiamo fin troppo bene, ci sta tutto. Ma su alcune questioni è corretto rimettere alcune cose a posto. Se parliamo di emolumenti ai giocatori, il venir meno degli ingaggi di Pirlo e Jankulovski (circa 10 milioni) e il risparmio sui rinnovi annuali dei senatori rossoneri (circa 5 milioni) finanzia gli ingaggi di quest’anno di tutti i nuovi acquisti del Milan estate 2011, Mexes e Taiwo compresi ma non solo loro.

Sui prossimi anni, perché anche i contratti che concorda e stipula Marco Branca per i nuovi giocatori nerazzurri sono pluriennali, non è possibile fare altrimenti, produrranno risparmio gli scalini verso il basso dei prossimi contratti rossoneri, fra quelli che andranno a scadere e quelli in scadenza che verranno adeguati al ribasso. Se poi si vuole accusare il Milan che acquista i due cartellini di Aquilani e Nocerino (insieme hanno già segnato 5 gol in Campionato) con un esborso complessivo di 6.5 milioni contro i 12 di Alvarez, Branca è liberissimo di farlo. Però non può non tener presente che i ricavi della cessione di Eto’o, l’unico vero grande evento (molto più degli arbitri) che sta determinando la pessima classifica dell’Inter 2011-2012, andassero spesi meglio. Molto meglio. E sul fatto che Eto’o si sia ambientato solo a Febbraio 2010, beh, non è così: a tutto il 31 Ottobre 2009, stesso periodo ad oggi, il fuoriclasse del Camerun aveva già segnato 5 gol pesanti in Campionato. Li avesse oggi l’Inter quei gol a sua disposizione…Per cui se i vari Castaignos, Jonathan, Alvarez, Poli e Forlan non hanno fatto mirabilie fino ad oggi, non è perché si debba aspettare la data taumaturgica del Febbraio 2012 per vederli volare come Eto’o: più semplicemente non stanno facendo bene, stanno deludendo e, visti fino ad oggi, è ben difficile immaginare che possano spiccare il volo verso la gloria nei prossimi mesi della stagione.

Se due uomini di calcio come Massimiliano Allegri e Walter Mazzarri arrivano a detestarsi così, la colpa non può essere solo di uno dei due. Come sempre, nelle cose della vita e delle persone, c’è una parte di responsabilità da parte di entrambi. Ma tutti, tifosi napoletani compresi, non possono non riconoscere che, se fosse stato Mazzarri alle prese con una intervista, con Allegri in posizione di attesa, il tecnico del Milan non avrebbe fatto nessuna fatica ad attendere il suo turno. Il buon Walter, invece, non ce l’ha fatta. La voce di Allegri, quella del nominato fra i primi 10 per il Pallone d’oro degli allenatori mentre a lui è toccato l’affronto di essere fra i primi 50, lo ha fatto scattare. Via l’auricolare, via di qui, non so dove ma via. Eppure il Napoli aveva appena battuto 2-0 l’Udinese. Le rivincite, le riscosse, dopo due pareggi e una sconfitta, è bello goderseli parlando, comunicando, stando in diretta. Oppure il Napoli ha vinto così tanto nella gestione Mazzarri che deve vivere di rendita rispetto alle critiche per le tante coppe e i tanti trofei messi in bacheca dall’Ottobre 2009 ad oggi? E’ vero che si deve fare tanta fatica ad essere Mazzarri, reggere un personaggio come il suo non è semplice. Ma un po’ di serenità e di sorrisi veri, non forzati, non guasterebbero. Soprattutto per appianare qualche episodio passato di scarso rilievo e per non far mancare il giusto servizio agli abbonati Sky, fra i quali tanti tifosi napoletani.

Nell’estate del 2010 il Milan ha pungolato a tutto tondo Ronaldinho. Dai dirigenti all’allenatore, da Gattuso a Seedorf. Tutti a dire che Ronaldinho doveva allenarsi di più e meglio. Non è andata bene. La voglia vera di dare l’anima in allenamento, nella sua testa e nelle sue corde, Dinho non l’ha più trovata e oggi non è più in rossonero. Succede, nessuno è infallibile, nemmeno il Milan. Con Antonio Cassano è successa la stessa cosa, ma con un finale nettamente diverso. Quest’estate il Milan, che i suoi casi li affronta facendo le dichiarazioni in pubblico e senza coprirli, ha parlato di peso (Adriano Galliani), di gerarchie che vedevano Antonio partire dal fondo (Massimiliano Allegri), di capacità di mettersi in discussione tutti i giorni (Se non lo fa con il talento che ha, mi fa arrabbiare, cit.Rino Gattuso). In questo caso è andata bene. Ieri Allegri, che non fa mai concessioni ai suoi giocatori per compiacerli, ha detto che Antonio Cassano sta facendo la miglior stagione della sua carriera. Una grande vittoria per il Milan. Certo, per il Milan. Qualcuno pensa che il merito sia stato solo di Prandelli? Sbaglia. Ha fatto il suo ed è stato molto importante anche il C.t. azzurro. Teniamo conto però del fatto che il Ct azzurro uno più bravo di Cassano nella sua rosa non ce l’ha e coccolando la sua migliore risorsa offensiva ha fatto quello che doveva. Massimiliano Allegri che di bravi come Antonio invece in rosa ne aveva e ne ha, si è ritrovato nella condizione naturale di scegliere di metterlo in competizione.. E dal momento che imporsi in rossonero per lui era più difficile che imporsi in Nazionale, Antonio la partita più importante l’ha vinta a Milanello. Con il contributo di Prandelli e con la buona fede, senza pregiudizi, come si è visto sul campo, di Allegri.

[Mauro Suma – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]

Lamela, l’Italia nel destino. Taarabt, il Napoli ti segue. Juve, Palermo e Atalanta: viaggi e missioni di mercato

Ho il computer davanti per scrivere, ma gli occhi incollati alla tv. Lo sguardo è fisso sull’intervista al papà di Simoncelli, l’ho guardata e ascoltata per tutta la sera, ammirando la forza di un uomo che ha perso il figlio, il suo migliore amico, respiro di ogni giornata. Non sono un appassionato di moto, da piccolo non andavo nemmeno in bicicletta, eppure questa tragedia mi ha colpito al cuore.

Se potessi tornare indietro, seguirei Sic molto più appassionatamente: mi sarebbe piaciuto intervistarlo, conoscerlo meglio, non leggere tutto d’un fiato la sua storia solo adesso che non c’è più. Intanto, continuo a vedere il sorriso smarrito del padre, so che devo parlare di mercato, è proprio il suo coraggio che mi spinge a farlo. Partendo proprio da un giovane talento, quel Lamela che ha esordito nella Roma con gol e applausi, lo stesso Lamela che a novembre era stato seguito da Milan e Inter, sarebbe costato un pò di meno. All’Inter uno dei suoi sponsor principali era Amedeo Carboni, al Milan la segnalazione arrivò invece da Davide Lippi, erano i giorni delle sue prime apparizioni al River. Lippi Jr. invitò Ariedo Braida in Argentina, il blitz durò almeno un paio di settimane, ci fu anche un incontro con Passarella, mentre in campo Lamela stupiva.

Un incrocio da trenta metri al debutto da titolare contro il Boca, i compagni che cercavano lui e non Ortega nei momenti di difficoltà, il prezzo che saliva dopo ogni partita. In quel periodo si poteva prendere per circa 10 milioni, lo status da extracomunitario non favorì sicuramente uno sviluppo immediato dell’operazione, brava poi la Roma a muoversi nei tempi giusti, aspettando il passaporto per tesserarlo. In realtà, Sabatini aveva puntato anche (prima ?) Alvarez, offrì più dell’Inter la notte in cui fu sancito l’accordo coi nerazzurri, decise così di non farsi sfuggire Lamela, nonostante il prezzo (15 milioni più bonus) fosse lievitato oltre ogni aspettativa. C’era anche il Napoli sull’argentino, De Laurentiis però avrebbe preferito lasciarlo crescere ancora nel suo campionato, bloccarlo e portarlo al San Paolo quando sarebbe stato protagonista e non vice di nessuno. A proposito di Napoli e di talenti: dall’anno scorso, gli osservatori azzurri seguono con attenzione Taarabt, il gioiello del Qpr. Un marocchino tutto classe e pepe, caratterino difficile da gestire, qualità facile da inserire in ogni contesto tattico. L’estate scorsa Briatore stava per cederlo al Psg di Leonardo, in Italia si era mossa la Lazio, adesso sembrano davvero maturi i tempi per una sua cessione.

Da Castel Volturno non confermano interessi concreti, eppure anche ultimamente emissari del Napoli sono stati visti in tribuna a Loftus Road (monitorato pure Faurlin, centrocampista argentino, ordine e disciplina, simile a Pazienza per intenderci), continueremo allora a monitorare le presenze a Londra, non si sa mai. Viaggi esplorativi, missioni e strategie: la Juve presto tornerà in Brasile (nel radar: Elkeson del Botafogo, Gabriel Silva del Palmeiras, Fernandes del Gremio e Romulo del Vasco), il Palermo è sulle tracce di Rodriguez, l’uruguaiano che il Cesena ha preso pochi mesi fa dal Penarol, mentre l’Atalanta ha avuto relazioni positive sul paraguaiano Caballero (attaccante dell’Olimpia, figlio d’arte) e in Svezia marca stretto sia Mervan Celik (classe 91, ala del Gais Goteborg e nazionale under 21) che Jiloan Hamad (nato a Baku nel 1990, centrocampista esterno del Malmoe, 2 presenze con la nazionale maggiore). Il pezzo è finito, ho ancora il computer davanti, l’ultimo pensiero è per Sic. E per un padre che ci fa sentire tutti suoi figli.

[Gianluca Di Marzio – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]

Mihailovic: ”Faremo una grande partita. Gila? Ho un dubbio…”

È la partita più attesa dai tifosi viola, per parlare di Juventus-Fiorentina di domani (e non solo) in sala stampa si è presentato il tecnico viola Sinisa Mihajlovic. Queste le sue parole: “Finchè ci sono fischi e cori, io accetto tutto, quando si comincia ad andare sul personale la cosa diventa un po’ fastidiosa. Io mi difendo da solo , il problema è mio, poi i tifosi sono liberi ed hanno il diritto di fare tutto ciò che gli viene in mente, ma quando si va sul personale divento più catitvo di quello che sono (e questo atteggiamento è condannato da tutta la società, come precisa il responsabile alla comunicazione Teotino). Tra i tifosi ci sono persone per bene, chi contesta e non si sente soddisfatto e c’è qualcuno che invece va sul personale: questi tifosi, se mi trovano per strada, mi devono dire le stesse cose. Il mio spirito è giusto, battagliero, io sono sempre sereno ed equilibrato.

Domani ci aspetta una partita difficile, ma è la partita giusta in questo momento, come tecnico devo guardare alle prestazioni della squadra, non sono soddisfatto delle prestazioni nelle ultime 3-4 partite. Per come abbiamo interpretato la gara, meritavamo qualcosa in più, in questo momento affrontare la Juve è perfetto, in questo campionato equilibrato tutti possono vincere contro qualunque avversario. La mia squadra è dispiaciuta per le ultime partite, vedo adesso i ragazzi molto motivati, domani faremo una grande partita. Mi piacerebbe essere la prima squadra a vincere allo Juventus Stadium. È una partita aperta.

Se Cassani non è ancora convocato vuol dire che non sta bene, speriamo di recuperarlo domenica contro il Genoa. De Silvestri domani giocherà, abbiamo tutti una grande occasione, questa partita può cambiare la società. Il Napoli giocava in modo diverso rispetto alla Juve, abbiamo diverse soluzioni ma abbiamo avuto poco tempo di provarle. C’è Silva, c’è Gilardino che ha recuperato e non ha i 90 minuti nelle gambe, vediamo se inserirlo dall’inizio o durante la gara, c’è la possibilità di vedere Jovetic come centravanti. Gila è motivato, sta bene ma bisogna scegliere se farlo partire dall’inizio o meno.  Montolivo ci mancherà, è un grande giocatore ma a centrocampo abbiamo diverse soluzioni, per cui sono sicuro che non ci saranno problemi.

I ragazzi, come ho detto prima, sono motivati, possiamo giocare alla pari con chiunque. Una vittoria con la Juve darebbe maggior fiducia a tutto l’ambiente, siamo sereni da questo punto di vista. Nelle ultime 4 partite abbiamo raccolto meno di quanto meritavamo, mancano almeno e punti ma noi non dobbiamo perdere fiducia. Serve ottimismo, allegria, anche se il rammarico c’è. Io spero di rimanere a lungo, spero di rimanere a Firenze. Poi quando finirà la mia avventura, vedremo cosa succede. La Juve è una squadra molto aggressiva, ogni giocatore si sacrifica al massimo, questa è la loro forza. Poi hanno tanta qualità a centrocampo, Marchisio e Pirlo ad esempio sono molto bravi. Del Piero? Come tecnico della Fiorentina dico che Del Piero è un simbolo, come amante del calcio mi dispiacerebbe per l’addio di Del Piero, magari come tecnico della Juve la pensi in modo diverso. Del Piero non dovrebbe smettere mai, ma l’età avanza per tutti. Se vuoi vincere con la Juve, non puoi andare a Torino solo con l’obiettivo di difendersi.

Il mio futuro? Chi fa l’allenatore è sempre in discussione, se non arrivano i risultati è giusto che quel tecnico venga mandato via. Io non mi dimetterò mai, non penso a cosa può accadere dopo un’eventuale sconfitta con la Juve. Non sono preoccupato da questo punto di vista, potrebbe essere l’ultima spiaggia, ma adesso non mi devo preoccupare di questo, devo pensare alla partita.

La Juve deve sempre stare in alto, negli ultimi due anni hanno avuto problemi, quest’anno hanno una grande squadra e quindi hanno tutte le carte in regola per fare un ottimo campionato. Conte ha la Juve nel dna, ha carattere, vedo bene la Juve. Lo stadio nuovo porterà alla Juve 7-8 punti in più, ho visto una squadra compatta e determinata.

La squalifica? Anche per gli allenatori dovrebbero inventare il cartellino giallo, magari avrei preso un giallo perché non ho offeso nessuno. Ho avuto sfortuna, perché è arrivata la palla nella mia zona, ovviamente ho sbagliato. In campo riesci a sfogarti, in panchina non puoi fare più di tanto. Non ho mai visto Ranieri arrabbiato, però poi anche lui ha reagito, dipende dai caratteri delle persone. Dalla tribuna si vede meglio, sono tribune basse a Torino, bisogna trovare una postazione giusto e magari stare vicino alla panchina. Se l’allenatore è vicino, magari la squadra è più tranquilla: mi dispiace, la mia impressione è quella di una squalifica. Se la Fiorentina vince con Marcolin? Me ne vado io e rimane lui, così almeno qualcuno è contento”.

[Niccolò Gramigni – Fonte: www.violanews.com]

Lecce, Esposito: “Con il Milan non possiamo pensare solo a difenderci”

Secondo il difensore giallorosso, Esposito, la trasferta di Genoa ha offerto segnali positivi dalla squadra. La stessa ha mostrato una maggiore aggressività in campo e concentrazione. Prossimo avversario il Milan in una gara dai ricordi particolari come evidenzia nelle dichiarazioni riportate sul sito ufficiale della società:

“Più che dire che sia migliorata la fase difensiva, secondo me, è più corretto dire che a Genova c’è stata una maggiore attenzione e aggressività. Dovremo continuare così, già domenica ci attende una gara che sulla carta è quasi impossibile, che dovremo affrontare al massimo della concentrazione e sbagliando nulla. Ieri ho seguito in tv la gara dei rossoneri, secondo me, non hanno spinto al massimo, dopo il primo gol hanno gestito la partita. Non penso assolutamente che l’impegno infrasettimanale possa incidere sula partita di domenica. Affrontando il Milan non può non venirmi in mente il gol che segnai alla formazione milanese: è stato il mio unico gol in serie A, ricordo ancora molto bene l’azione, con il cross di Zanchetta e il mio colpo di testa. Se devo indicare un giocatore su tutti del Milan, dico Ibrahimovic, è un giocatore completo, secondo me, il più forte attaccante che si è visto negli ultimi anni nel campionato italiano. Come ha detto Obodo, vista la qualità dei giocatori rossoneri, dovremo correre più di loro, anche se non possiamo solo pensare a difenderci, ma dovremo provare anche ad imporre il nostro gioco”.

Moratti: sbagliato nascondersi dietro l’alibi degli arbitri “cattivi”. Ma i soldi sono finiti? Ecco la verità

Moratti è un bravo presidente, bravissimo: trovate voi uno che per pura passione ha buttato un miliardo di euro. Se conoscete un siffatto scialacquatore dategli pure il mio codice Iban, recuperatemi il numero di sua figlia, mettetegli quantomeno in tasca un bigliettino col mio indirizzo di posta elettronica.

Ora, essere bravi presidenti non è sufficiente per essere presidenti vincenti. Un club di serie A è una maledetta tassa perenne e si sostiene esclusivamente in due modi: 1) Con le idee 2) Con i quattrini. In Italia, al momento, le idee ce le ha solo Pozzo, “papà” dell’Udinese. Cosa fa Pozzo: sonda il globo terracqueo alla ricerca di potenziali fenomeni, li passa al setaccio e quel che resta a galla basta e avanza per mantenere il club su ottimi livelli. Pozzo però non ha l’obbligo di vincere e in generale non tutti son così lungimiranti. E allora tocca buttarsi sul piano B, ovvero, bisogna spendere un sacco di soldi, magari con un po’ di sale in zucca.

Al momento Moratti è vittima del complesso del “figlio primogenito”: papà e mamma ce l’hanno con me e danno tutte le attenzioni a quel maledetto del mio fratello minore. Attacca gli arbitri, Moratti, e in cuor suo sa bene che: i fischietti stanno facendo la loro parte per rompere i maroni ai nerazzurri ma non sono il vero problema. Quello, il “vero problema”, è in casa.

Dice l’ipotetico contabile di patron Massimo: “il presidente ha appena cacciato 40 milioni per ripianare il debito societario, altro che tirchio”. Bravissimo, davvero. Il fatto è che non basta. Il presidente dell’Inter (così come quello del Milan, della Juventus e di tutte quelle squadre che ambiscono a trionfare) ha il dovere di fare di più, altrimenti fa la figura del tordo, del taccagno, di quello non capace e allora tanto vale lasciar perdere. Moratti per essere il primo degli onesti in vista del fair-play finanziario non si è accorto che si sta facendo una pessima pubblicità: i suoi tifosi cominciano a mugugnare, gli avversari lo sfottono, le sue tasche rischiano di svuotarsi inesorabilmente secondo la legge non scritta del “chi meno spende… più spende” (se non ti qualifichi per la prossima Champions, tutto quello che hai risparmiato per l’ingaggio di Eto’o va a farsi benedire). Sia saggio il patron: parli meno di congiure fischiettanti e si concentri sul mercato. Con Branca ha un’occasione mostruosa: fare a gennaio quello che Berlusconi fece al mercato estivo 2010, il nababbo. Ci guadagnerà l’Inter, ci guadagnerà l’immagine sbiadita di Massimone. Replica lo scettico: “Ma quello ormai non c’ha una lira”. Balle, semplicemente “quello” sta aspettando la prossima estate per rilanciare un progetto momentaneamente sospeso per “indigestione da triplete”. Solo che il calcio non è un acquisto a rate fatto al grande magazzino: se salti un pagamento della tv al plasma e ne fai due il mese successivo non succede nulla, se “buchi” una sessione di mercato quella dopo ti tocca fare quintupla fatica.

Ora la Juve di mister Conte, perfetto fino alla partita di domenica.

A inizio secondo tempo l’allenatore più grintoso che c’è si presenta in campo con una boccetta d’acqua santa in puro stile “reverendo in estasi mistica”: maestoso segno della croce a uso e consumo delle telecamere e alè che riparte la tenzone al “Bentegodi”.

Il richiamo all’Altissimo, però, non aiuta la Signora e c’è chi maligna: “Al bell’Antonio il miracolo è riuscito solo con i capelli”. Cattiveria.

Domenica, Conte, ha sbagliato. Non gli era ancora successo da quando è diventato capoccia bianconero. Il mister nato a Lecce ha clamorosamente toppato la formazione iniziale, il modulo in particolare. Una squadra che vuol vincere lo scudetto a Verona scende in campo con due punte, magari anche tre, soprattutto se ce le ha.

Invece no, il successore di Delneri per la prima volta se l’è fatta sotto. Ha pensato: ripropongo il 4-1-4-1 che tanto male ha fatto al Milan, ma così facendo ha semplicemente ottenuto due effetti nefasti. 1) Ha ringalluzzito il Chievo, praticamente mai in affanno. 2) Ha fatto venire l’ulcera ai vari Matri e Quagliarella, lasciati a marcire in un angolo della panca (il primo) e in tribuna (il secondo).

La Juve è prima in classifica e ci resterà ancora, magari fino alla fine del campionato. Conte però deve fare un passo avanti: è riuscito a togliere dalla mente dei suoi le scorie di un anno passato a far la figura dei perdenti, ora deve convincere tutti quanti che i bianconeri fanno paura a prescindere e non si adattano mai agli avversari, anche se bravi e ben organizzati (vedi Chievo).

L’andamento lento del campionato permette al tecnico primo in classifica di lavorare in pace, ma attenzione: il Milan ha scollinato, Lazio e Roma (nonostante il ko nel derby) sono spavalde, il Napoli è più squadra e l’Inter per una mera questione statistica può solo risalire.

[Fabrizio Biasin – Fonte: www.tuttomercatoweb.com]