Reja antipasto al crocevia della stagione: Mazzarri interroga il suo Napoli

Archiviata la sosta per l’impegno delle nazionali – e con essa il tanto classico quanto poco attendibile tran tran di calciomercato – il Napoli di Mazzarri si rilancia d’impeto nella stagione più delicata e complessa della sua recente storia. La Lazio dell’ex Reja prima, il City di Mancini poi: quattro giorni di fuoco.

Inutile nasconderlo: la sfida del San Paolo contro la capolista della Premier è l’impegno più “pesante” della recente storia partenopea. L’ineccepibile scelta da parte della società di puntare forte sulla Champions ha elevato il grado del Napoli da sorpresa del calcio italiano a realtà del calcio europeo: i risultati in un girone proibitivo hanno poi dato manforte ad una strategia societaria ritenuta da troppi frutto dell’esaltazione.

Il Napoli ha il suo matchpoint. Ed era tutto tranne che scontato. Arduo immaginare infatti che – dopo una entusiasmante vittoria sul Manchester City – gli azzurri, per restare in termini tennistici, potrebbero soffrire di “braccino” in quel di Vila-real. Gli uomini di Mazzarri giungono carichi e determinati all’appuntamento con la storia ma consci di doversi superare: chiamati alla promozione nell’esame di maturazione fallito sonoramente l’anno scorso a Milano. Ma forse era chiedere troppo.

Oggi in palio ci sono gli ottavi di finale della Champions League, a Milano si contendeva il tricolore. Quello scudetto da tanti ritenuto una priorità, per non dire un dovere, da perseguire scrupolosamente. Regni la serenità e la fiducia: il Napoli non molla nulla. Ha perso qualche punticino ampiamente recuperabile strada facendo ma la perfezione non esiste, e se esiste si raggiunge nel tempo. Ha perso qualcosa ma risiede nelle zone alte della classifica (dove ora la Champions si guarda in tv), pronto a scalarla a partire da sabato. Contro un’altra capolista: la Lazio di Edy Reja, gioco forza alla portata di questo Napoli.

[Massimiliano Bruno – Fonte: www.tuttonapoli.net]

Forlán come non l’avete mai visto: ecco tutti i segreti del Cacha

Me lo immagino sdraiato su un prato a guardare un cielo celeste, come la maglia della sua nazionale. E a ricordarsi tutta la sua carriera e la sua vita. I piccoli ricordi, le grandi emozioni, gli aneddoti e i segreti che fanno di un uomo un campione, nello sport come nella vita. Ecco alcuni appunti sparsi presi dalla valigia di Diego Forlán. Una valigia carica di esperienza, ma piena ancora di sogni.

PERCHE’ SI CHIAMA IL CACHA? – Per tutti Forlán è il Cacha. Un soprannome curioso e nato quasi per caso. Cacha, in spagnolo “manico”, è il diminutivo di Cachavacha, una strega dei cartoni animati famosa in Uruguay. Naso adunco e folta chioma ci sono: la somiglianza effettiva con Forlán, meno. Il soprannome glielo diedero due compagni dell’Independiente, “el Huevo” Toresani e il “Panchito” Guerrero. Forlán ammette: “Non è soprannome più bello che potessero darmi, però bueno, da allora sono stato chiamato così”. Negli anni in Inghilterra, però, nessuno sapeva il soprannome di Forlán, così il Cacha stava per perdersi. Ma quando è arrivato all’Atletico Madrid, ha incontrato Mariano Pernìa, terzino con un passato all’Independiente, che ha ricordato l’esistenza del soprannome. E allora compagni e tifosi hanno ripreso a chiamarlo così.

LA PRIMA SFIDA CON ETO’O – Eto’o parte, arriva Forlán. All’Inter, Diego ha il difficilissimo compito di non far rimpiangere il camerunese. Ma in passato, Forlán ha fatto anche meglio di Samuel Eto’o. Stagione 2004-2005, mancano due giornate alla fine del campionato. Il Villarreal, alla caccia di una storica qualificazione in Champions, sfida il Barcellona, già campione, al Camp Nou. Forlán ha fatto 20 gol, Eto’o 24. Forlán fa una doppietta, che avvicina il “Sottomarino giallo” al sogno. Ma il Barça è spietato: doppio Dinho e gol di Giuly, ma non segna Eto’o, che sbaglia anche un rigore. Serve un gol: Forlán lo trova in pallonetto e agguanta il pareggio. Dopo questa tripletta, Forlán è a quota 23, a meno uno da Eto’o e a meno due da Henry, che ha fatto 25 gol in Premier. Ultima partita: Levante-Villarreal. Al Cacha servono due gol per vincere la Bota de Oro, come si chiama in Spagna. E i due gol arrivano. Eto’o, impegnato contro la Real Socieded, rimane a secco. “Il mio primo pensiero è stata la qualificazione in Champions League. Soltanto dopo ho pensato alla Scarpa d’Oro. Il gol decisivo, a tre minuti dalla fine, è stata un’emozione pazzesca: non sapevo neanche come festeggiarlo, a chi dedicarlo” – racconta commosso Diego.

LA SECONDA SCARPA D’ORO – Ancora loro, sempre loro. Dopo quattro anni, Forlán e Samuel Eto’o si ritrovano. Sullo sfondo, ancora la Scarpa d’Oro. L’Atletico Madrid inizia la sua rimonta Champions battendo 4 a 3 proprio il Barcellona di Eto’o (quello del primo triplete), in una partita epica in cui  Forlán segnò due volte. A meno 8 giornate dalla fine, Eto’o è capocannoniere con 26 gol, Forlán insegue a 21. El Cacha, a suon di doppiette, finisce con 32 gol, il camerunese si ferma a 30. La Scarpa d’Oro va, per la seconda volta, a Diego Forlán. Battuto anche Janko, che ha segnato a raffica in un campionato meno competitivo come quello austriaco.

IL PADRE E IL RIFIUTO AL MILAN – Il padre di Forlán, Pablo, è stato un grande calciatore. Un pilastro difensivo dell’Uruguay campione del Sudamerica e del Penarol campione del Mondo. Ma forse c’è una cosa che non tutti sanno: Pablo Forlán attirò l’interesse del Milan, che provò a prenderlo. Ma Pablo rifiutò i rossoneri, per rimanere in Sudamerica. Chissà cosa proverà quest’anno Pablo nel vedere suo figlio giocare nel derby proprio contro il Milan.

DESTRO O SINISTRO, NON FA DIFFERENZA – Una particolarità di Forlán è che calcia molto bene con entrambi i piedi. La precisione nel destro, la potenza nel sinistro: i portieri di Serie A sono avvisati. Questo grazie a suo padre, che da bambino lo portava ad allenarsi davanti al club Carrasco de Uruguay e gli ripeteva: “Devi calciare ugualmente con il piede destro e con il sinistro”. E Diego, obbediente, si sforzava di calciare la palla anche con il piede sinistro. Con ottimi risultati.

FORLÁN E L’ITALIANO – Forlán ha stupito nelle prime interviste, parlando fin da subito in italiano. Ovviamente la lingua non è perfetta, ma è già al livello di chi è in Italia da qualche anno. E gli basteranno un paio di mesi per parlarlo quasi perfettamente. Da ragazzo infatti Forlán ha frequentato per qualche anno la scuola italiana di Montevideo. Alla fine dei suoi studi, Diego ha fatto dodici anni di inglese, cinque di italiano, tre di portoghese e tre di francese. L’Internazionale allora è proprio la squadra giusta per lui.

IL PROVERBIO URUGUAIANO – Forlán è un uomo dai sani principi. Una cultura del lavoro e del sacrificio che i suoi genitori gli hanno insegnato da bambino. Concentrarsi su una cosa alla volta, così recita un proverbio locale: “Il segreto per ottenere i tuoi obiettivi giornalieri è semplice: quando c’è da lavorare, lavori, quando c’è da mangiare, mangi, quando c’è da studiare, studi e quando c’è da dormire, dormi”.

IN NAZIONALE CON EL CHINOLe prodezze di Forlán al Mondiale 2010 se le ricordano tutti: 5 gol, tutti bellissimi. Ma il primo gol in un Mondiale, Diego lo segnò nel 2002, in Korea e Giappone. Nell’ultima partita del girone, Uruguay-Senegal, Forlán entra dalla panchina, con la squadra sotto per 3 a 1. Recoba tira una punizione dalla trequarti: la difesa mette la palla la fuori, ma arriva a Forlán, che stoppa il pallone e lo calcia al volo all’incrocio. “Uno dei migliori gol della mia carriera” – l’ha definito Forlán. Per la cronaca, Recoba, su rigore, portò il risultato sul 3-3. Ma fu tutto inutile: Francia e Uruguay eliminate, Senegal e Danimarca agli ottavi. Uno dei più importanti, invece, è il rigore che ha permesso all’Uruguay di andare agli scorsi Mondiali. Nella partita decisiva contro l’Ecuador, il punteggio è fermo sull’1 a 1. Al 93° rigore per l’Uruguay: Forlán si assume la responsabilità. Il portiere avversario prova a infastidirlo, ma Diego non sbaglia: rigore perfetto all’incrocio e Celeste ai Mondiali, dove poi arriverà in semifinale.

LA PASSIONE PER IL TENNIS – Forlán non ama solo il calcio, ma è anche un grande giocatore di tennis. Da ragazzo, si divideva tra racchetta e pallone. La storia che Forlán ha smesso di giocatore a tennis, preferendo il calcio, dopo l’incidente della sorella Alejandra, per pagarle le cure, è vera solo in parte. Forlán infatti ha sempre giocato a calcio e con una famiglia del genere non poteva essere altrimenti. A tennis ha giocato e il tennis gli ha insegnato molto, soprattutto  a livello mentale. Però ha deciso di smettere quando il club di tennis ha cambiato allenatore. E ha scelto, giustamente, il calcio. Negli anni in Spagna, Diego si è anche appassionato al golf. Proprio giocando a golf (alla sua maniera), ha girato un divertente spot per l’Adidas.

UN ESORDIO… DIFFICILE – Forlán ha avuto un esordio difficile nel calcio che conta. Ma non perché avesse problemi in campo, anzi. Solo per una questione di cuore. Diego ha 19 anni e gioca nell’Independiente, però nel week-end è pronto per tornare a casa, in Uruguay. Tanto lui non giocava in prima squadra e in Uruguay c’era il clasico: il suo Peñarol contro il Nacional. Ma nella lista dei convocati legge un nome: Diego Forlán. “L’unica volta che posso perdermi una partita c’è il mio nome nella lista: sono un fenomeno” – pensò Diego a caldo. Ma ripensandoci capì quanto fosse importante quella prima partita in Prima Divisione argentina. Fu l’inizio della sua carriera da calciatore.

L’IMPEGNO CON L’UNICEF – “All’inizio ero sorpreso, poi ho provato tanto orgoglio a rappresentare il mio paese nel mondo: è stata un’emozione pazzesca”. Così Diego Forlán commenta il giorno in cui è diventato ambasciatore dell’UNICEF per l’Uruguay. Era il 22 marzo 2005, aveva 25 anni ed era già una personalità importante del paese. Forlán ha ricevuto il compito di difendere i diritti dei bambini, di aiutare a sensibilizzare sull’importanza di questi diritti e di promuovere le azioni di solidarietà.

IL NUMERO – Forlán ha scelto il numero 9. Per lui è un numero inedito, che non ha mai indossato in carriera. Ha esordito con il 32, all’Independiente ha preso il 18 e a Manchester il 21. In Spagna aveva il 5 al Villarreal e il 7 all’Atletico Madrid. Mentre in nazionale è passato dal 21 del Mondiale 2002 fino al 10. Per Forlán il numero non è mai stato un problema e non ha mai avuto un numero preferito. Ha sempre scelto il numero libero che gli piaceva di più al momento. E anche all’Inter ha fatto così, senza considerare la pesante eredità della maglia numero 9.

UN CORPO SENZA TATUAGGI – Forlán è sempre stato molto attento alla cura del corpo. Atletico e molto professionale. Anche a tavola, segue un’alimentazione equilibrata. La pasta al pomodoro è uno dei suoi piatti preferiti, quindi in Italia si troverà senza dubbio benissimo. Anche l’asado fa parte della sua tradizione: non potrà che trovarsi bene con gli argentini Zanetti, Samuel, Milito e Cambiasso. Un corpo sempre in forma ma senza tatuaggi. Diego non ha mai pensato di tatuarsi, anche se non critica assolutamente chi ce li ha.

FUNDACION ALEJANDRA FORLÁN – E’ la sorella maggiore di Diego. Nel settembre del 1991, all’età di 17 anni anni, fu vittima di un terribile incidente a Montevideo, che l’ha costretta alla paralisi e a molti anni di cure. Forlán aveva 12 anni, era un bambino, e non potrà mai dimenticare quando la vide all’ospedale e cercò di abbracciarla. Alejandra ebbe la forza di continuare a vivere, dopo 7 mesi di riabilitazione con il respiratore artificiale. Quel giorno cambiò la vita del Cacha e della sua famiglia. Ma dal quel giorno Diego ha una forza in più: lottare anche per sua sorella. Insieme a lei ha fondato la Fondazione Alejandra Forlán, che aiuta coloro che sono coinvolti in incidenti automobilistici.

[Guglielmo Cannavale – Fonte: www.fcinternews.it]

Sneijder si racconta: “Ecco il mio debutto con l’Inter. E dopo la gara…”

In una lunga intervista rilasciata ad un magazine olandese, Wesley Sneijder non ha toccato il tema mercato, che lo vede al centro delle notizie di ogni giorno, ma s’è divertito a parlare di questa sua storia all’Inter, a partire dal derby che lo ha consacrato al pubblico. Ecco quanto raccoglie in anteprima FcInterNews.it: “Prima della partita contro il Milan, la squadra mi ha dato un video da guardare con tutti i movimenti dei miei compagni e viceversa. Non impiegai molto a guardare il video, ma mi diede un’idea di come avrei dovuto giocare con i miei compagni di squadra: dove correre, dove creare spazio, quando andare in profondità. Ma ho anche visto un video degli avversari, i loro punti deboli e come avrei potuto sfruttare queste pecche. E’ stato molto importante per me”.

Poi Sneijder parla della sua vita fuori dal campo, e quali sono i suoi hobby al di fuori del calcio giocato. “Sono uno di quei giocatori che, una volta finita la partita, pensa già a qualcos’altro – spiega Wes – Non si può giocare a questo livello e pensare sempre al calcio, è necessario staccare la spina. Alcuni dei miei compagni di squadra giocano a tennis o vanno a pesca. Io, ad esempio, odio la pesca, ma ho appena comprato una bicicletta nuova che prendo per andare al parco quando il tempo è buono. E’ un bel modo per rilassarsi tra una partita e l’altra. Anche dormire bene per me è fondamentale. Mi piace dormire almeno sette-otto ore ogni notte, credo che non riuscirei a giocare a questi livelli altrimenti. Dormire bene e non andare a letto tardi è fondamentale anche per evitare lesioni. E’ un sacrificio che i giocatori a questo livello devono fare”. Il folletto olandese poi spiega di non essere superstizioso, ma ama seguire quella che lui chiama una routine. “Preparo le partite sempre allo stesso modo. Non faccio caso a come metto i calzini, ma mi piace seguire la stessa routine prima di iniziare la partita: arrivo allo stadio ascoltando la mia musica, hip-hop olandese, e poi mi preparo ed esco per il riscaldamento. Non è niente di importante, ma che mi aiuta ad entrare in clima partita e pensare: ok, adesso è il momento di giocare”.

Non sappiamo quale sarà il futuro di Sneijder, se rimarrà in nerazzurro o no. Una cosa però è certa: Wesley Sneijder e l’Inter saranno uniti per sempre, nel nome della storia del club nerazzurro.

[Riccardo Gatto – Fonte: www.fcinternews.it]

Bari, ora l’attacco

Registrata al difesa ed arricchito il centrocampo grazie al triplice colpo di mercato consumato con il benestare della Roma, che ha girato ai biancorossi, in prestito, i difensori Crescenzi e Sini ed il centrocampista rumeno Stoian, in casa Bari si pensa già al prossimo acquisto. Sul taccuino del ds del galletto, Guido Angelozzi, il nome di Salvatore Mastronunzio è quello maggiormente evidenizato. E’ infatti l’ex Ancona l’obiettivo numero uno per potenziare il reparto offensivo della squadra, che pare carente sotto il punto di vista realizzativo. Non devono certamente ingannare i punteggi tennistici fatti registrare nelle amichevoli giocate in Val Camonica: il livello degli avversari, con tutto rispetto, non permette giudizi attendibili sul potenziale d’attacco attualmente a disposizione di mister Torrente, che si vorrebbe cautelarsi con una prima punta affidabile ed esperta, come Mastronunzio.

Col Siena, proprietaria del suo cartellino, c’è un accordo di massima da gironi. A favorire, poi, questa trattativa, c’è il dichiarato interesse del club toscano nei confronti di Alessandro Gazzi, caduto nelle ultime ore nel mirino di Giorgio Perinetti. L’ex dirigente del Bari non ha fatto mistero, in esclusiva ai nostri microfoni (clicca qui), di volere il mediano. Si attendono sviluppi, anche prima di ferragosto, tenendo presente, però, che bisognerà risolvere il nodo legato all’attaccante bianconero, a cui il Bari ha chiesto di rivedere spettanze e compensi. L’agente del giocatore, Franco Zavaglia, a più riprese ha dichiarato che il suo assistito sarebbe ben lieto di giocare per il galletto, a patto che gli venga rispettato l’attuale ingaggio di 550.00 euro netti a stagione. Angelozzi ci pensa, conscio di avere il coltello da parte del manico: il Siena vuole Gazzi, e Mastronunzio cerca una squadra di spessore per rimettersi in gioco. Perinetti, vecchia volpe di mercato, potrebbe metterci del suo, convincendo il suo attuale tesserato a rivedere il suo lauto compenso, sposando il progetto biancorosso. Il tutto, per arrivare al numero quattordici Alessandro, contento della possibilità di riabbracciare il dirigente romano in bianconero.

La sensazione, ad oggi, è quella che Salvatore Mastronunzio firmerà il suo matrimonio con il sodalizio biancorosso, per buona pace di tutti, tifosi compresi, che aspettano con trepidazione il nome del nuovo bomber del galletto.

[Andrea Dipalo – Fonte: www.tuttobari.com]

Giornata di riposo per i biancocelesti: Cissè e Stankevicius cercano la condizione

AURONZO di CADORE – Il tempo è incerto sotto le tre cime di Lavaredo, dopo l’acquazzone di ieri la temperatura è tornata fresca e si è alzata una leggera brezza. Clima ideale per sostenere i primi test atletici per gli ultimi arrivati in casa Lazio: Marius Stankevicius e Djibril Cissè. Il primo è già al lavoro da tre giorni con la squadra, oggi al lituano sono toccate slitte e carichi sulle gambe. Il nuovo numero 12 laziale si è disposto su uno spicchio di campo e ha sudato, a breve Reja lo aggregherà al resto del gruppo. L’allenamento di stamattina è stato obbligatorio anche per il nuovo idolo della tifoseria, Djibril Cissè.

Il francese è arrivato ieri ad Auronzo tra gli applausi scroscianti del pubblico, stamane ha sostenuto il test di “Veronique Billat” che gli altri compagni hanno fatto al secondo giorno di ritiro. Cinque minuti e mezzo di corsa ritmata e trenta secondi di scatto continuato per calcolare il dispendio di energia sotto sforzo. Il numero 99 biancoceleste ha già sulle spalle dieci giorni di preparazione fisica, Reja gli ha parlato e gli ha spiegato quello che vuole da lui, Cissè si è messo a disposizione totale del tecnico. Dopo la corsa Cissè ha sciolto i muscoli in palestra e lo staff tecnico ha organizzato una sfida di calcio tennis con gli altri giocatori che hanno risposto presente alla chiamata dell’allenamento facoltativo. Dopo Cissè e Stankevicius sono venuti sul campo anche Garrido, Scaloni, Diakitè, Konko, Klose e Zarate.

L’argentino si sta  rivelando un esempio di professionalità, è stato protagonista della partitella di calcio tennis, le squadre erano Zarate e Garrido contro Cissè e Scaloni. Solo palestra per Diakitè, Konko e Klose. Al termine della seduta bagno di folla per Cissè, che firma autografi e scatta foto con la gente. Per il francese anche una foto con Olympia dentro la casetta adibita appositamente per ospitare il simbolo della società laziale.

Gli altri biancocelesti hanno sfruttato la mattinata di riposo, ieri sera c’è stata una cena in una nota pizzeria del luogo e poi in molti si sono presentati al lago per brindare e passare qualche ora in allegria. E’ comparsa una chitarra e Rocchi ha preso in mano la situazione intonando qualche nota canzone italiana e c’è stato spazio anche per l’inno biancoceleste. Grande festa questa sera: il paesino veneto si sta preparando per la “notte biancoceleste”.

[Alessio Aliberti – Fonte: www.lalaziosiamonoi.it]

Brocchi verso il recupero, Hernanes prende la mira, problemi per Bresciano…

FORMELLO – Brocchi verso il recupero, Hernanes prende la mira, i tifosi sognano l’aggancio al terzo posto. L’anti-vigilia dello scontro Champions con l’Inter scorre via tra sorrisi, buone notizie e l’affetto dei circa 100 sostenitori accorsi al capezzale biancoceleste.

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